L’edizione del XXX Rapporto immigrazione di Caritas e Fondazione Migrantes, presentata oggi a Roma, approfondisce alcuni aspetti sociali forse meno eclatanti di altri, ma che hanno subito comunque gravi contraccolpi dalla pandemia di COVID-19, dalla sfera emotiva individuale allo scivolamento in un “cono d’ombra” di migliaia di persone che le misure di lockdown hanno reso più invisibili.
Dati recenti pubblicati dal dipartimento Affari economici e sociali dell’ONU stimano un calo del numero dei migranti nel mondo pari a circa due milioni. Ad aver risentito delle restrizioni ai viaggi per la pandemia di COVID-19 sarebbero state soprattutto le migrazioni per lavoro e per motivi familiari. Ma quelle forzate, in alcune aree del pianeta, non hanno registrato una diminuzione altrettanto significativa. Il numero di persone che vivono fuori dal proprio Paese d’origine ha raggiunto nel 2020 la cifra record di 280,6 milioni, 8,4 milioni in più rispetto all’anno precedente: nel complesso il 3,6% della popolazione mondiale. La maggior parte dei migranti internazionali proviene da Paesi a reddito medio, mentre solo il 13% da Paesi a reddito basso, anche se la quota di questi ultimi è aumentata negli ultimi 20 anni, in parallelo con l’escalation di di crisi umanitarie che hanno interessato molte aree del mondo.
Sono i “grandi numeri” da cui parte il XXX Rapporto immigrazione. Verso un noi sempre più grande di Caritas e Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma.
La nuova edizione del Rapporto studia in particolare l’impatto che il virus e le misure adottate per il suo contenimento e per la ripresa delle attività economico-sociali hanno avuto sulle vite dei cittadini stranieri in Italia, dai trend demografici ai movimenti migratori, dalla tenuta occupazionale ai percorsi scolastici dei minori, alla tutela della salute. Però si approfondiscono «anche altri aspetti sociali, forse meno eclatanti, ma che hanno subito contraccolpi altrettanto gravi, come la sfera religiosa ed emotiva individuale e lo scivolamento nel cono d’ombra di migliaia di persone che le misure di lockdown hanno reso più invisibili (ad esempio, le vittime di violenza e di sfruttamento), senza che questo silenzio fosse dissolto dall’interesse dei media».
Anche loro nel calo demografico
Nel nostro Paese la tendenza al calo di popolazione già evidenziata nelle precedenti edizioni del Rapporto inizia a coinvolgere nel 2021 anche la popolazione di origine straniera, che è passata da 5.306.548 persone del 2020 alle attuali 5.035.643 (– 5,1%).
«Quanto ai titolari di permesso di soggiorno e ai loro motivi, il ministero dell’Interno riporta un totale di 3.696.697 cittadini stranieri, la maggior parte dei quali in possesso di permesso di soggiorno per motivi di famiglia (48,9% del totale, + 9,1% rispetto al 2019), seguiti da quelli per lavoro (43,4% e + 12,1% dal 2019). La terza tipologia continua ad essere rappresentata dai motivi di protezione internazionale (5,0%), comprese le forme di tutela speciale o ex umanitaria. Questi permessi hanno segnato un decremento dal 2019 (- 5,6%), certamente attribuibile alla chiusura degli arrivi dall’estero, degli sbarchi e degli attraversamenti dei confini decretata dai provvedimenti governativi per il contenimento dell’infezione da COVID-19».
FOCUS SOSTEGNI/ Le difficoltà di accessoPer fronteggiare l’emergenza COVID-19 in Italia sono stati introdotti fra l’altro, con il decreto “Cura Italia” e successivamente prorogati per tutto l’anno 2020 con i decreti “Rilancio”, “Agosto” e “Ristori”, vari “bonus” destinati a categorie specifiche di lavoratori e per il supporto alle famiglie (congedi e bonus baby-sitter). «L’incidenza media dei cittadini extracomunitari su queste misure si attesta sul 9-10% – afferma il XXX apporto immigrazione Caritas-Migrantes – ad eccezione del bonus autonomi, dei congedi parentali e del bonus baby-sitter, in cui si ferma al 3-4%, a conferma della generale difficoltà nell’accesso alla presentazione della domanda da parte dell’avente diritto». Come già rilevato nell’edizione 2020 del Rapporto, «anche la misura attualmente in vigore per il sostegno alle persone in povertà, il Reddito di cittadinanza, presenta dei limiti enormi legati alla copertura degli stranieri, dal momento che uno dei requisiti di accesso prevede la residenza in Italia di 10 anni, di cui gli ultimi due in via continuativa». |
FOCUS ASCOLTO E ACCOGLIENZA/ Se anche essere rifugiato è un “problema”Dalle 211 mila schede di attività dei centri di ascolto e dei servizi che, in tutta Italia, hanno lavorato anche nel 2020 segnato dalle due prime “ondate” della pandemia, emerge che il 52% delle persone aiutate sono di cittadinanza non italiana, un dato che equivale a 106 mila persone. «Spiccano i casi di povertà economica, sperimentati dal 79% dell’utenza straniera. Seguono i problemi connessi al lavoro. La terza forte criticità è rappresentata dalla questione abitativa, che risulta molto più accentuata tra gli stranieri rispetto agli italiani (23% a fronte del 15%). Tra gli stranieri pesano, poi, come prevedibile i bisogni collegati alla condizione di migrante: fragilità legate ad aspetti amministrativi o burocratici (32,3%), all’irregolarità giuridica (22%), allo status di richiedente asilo (15%) e di rifugiato (10%). Non irrisoria anche la percentuale di coloro che hanno problematiche connesse all’istruzione, quindi per lo più problemi linguistici (80%) e di analfabetismo (9%) o problemi di salute». |
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