Per accendere i riflettori internazionali sulla guerra nello Yemen c’è voluta l’impennata del costo del petrolio ma da oltre quattro anni nel Paese imperversa una guerra che sta provocando migliaia di morti, feriti e sfollati.
Pur trattandosi del conflitto meno documentato degli ultimi anni dalla stampa internazionale (a differenza di ciò che succede nella non troppo lontana Siria), nello Yemen è in corso una tragica guerra civile dove l’Arabia Saudita in modo diretto, oltre all’Iran in modo indiretto, gioca un ruolo determinante.
Chi sta pagando il maggior prezzo, come da abitudine nelle guerre contemporanee, è la popolazione civile. Oltre ai militari uccisi, altissimo infatti è anche il bilancio delle vittime civili. Non sono soltanto le bombe saudite a fare strage di civili ma anche la fame (lo Yemen è lo stato più povero del Medio Oriente) e il colera. Secondo una nota della Ong Save the Children nei primi sei mesi del 2019 sono stati registrati quasi 440.000 casi sospetti di colera, di cui circa 203.000 tra i minori sotto i 15 anni, un numero che ha già superato quelli relativi all’intero anno precedente..
Le Nazioni Unite sostengono che lo Yemen stia vivendo quella che attualmente è la peggiore crisi umanitaria del mondo. Le vittime ammontano ad almeno 15 mila morti e 40 mila feriti. Il Programma alimentare mondiale (Pam) riferisce che oltre 20 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare, su un totale di circa 30 milioni di abitanti dello Yemen. Sempre secondo l’agenzia Onu gli si contano 3,6 milioni di sfollati.
Guardando oltre il petrolio si (ri)scopre una realtà drammatica denunciata da pochi attori internazionali (qualche ONG) e imbrigliata da logiche economiche e politiche che non tengono in nessuna considerazione l’umanità coinvolta.
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