Chiunque si trovi in mare, anche solo in barca a vela, e sia testimone di una situazione di pericolo «ha il diritto, anzi soprattutto il dovere, di segnalarlo alle autorità. Questo è ciò che facciamo, del tutto in linea con il diritto internazionale, e continueremo a farlo, facendo fronte alle conseguenze delle nostre azioni». Sea Watch sulle ordinanze ENAC di “interdizione” agli aerei di ricognizione delle ONG nella Sicilia occidentale. ***Aggiornamento 21 maggio: l’aereo Seabird di Sea Watch multato per 2.064 euro*** Secondo l’ONG Sea Watch, senza l’intervento degli aerei da ricognizione delle ONG da gennaio di quest’anno oltre 480 migranti sarebbero stati riportati nellì’inferno di Libia e «la complicità dell’Europa nei respingimenti illegali sarebbe rimasta segreta». Sono stati giorni di polemiche (e di incredulità) sulle cinque ordinanze dell’ENAC (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) emesse nel giro tre giorni, fra il 3 e il 6 maggio, con un unico oggetto: “Interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale”, e un unico “ordine”: «Chiunque effettua attività in ambito search and rescue al di fuori delle previsioni del quadro normativo vigente è punito con le sanzioni di cui al Codice della navigazione, nonché con l’adozione di ulteriori misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile». Se i salvataggi diventano “prelievi” Ha denunciato Sea Watch: le ordinanze «hanno il chiaro scopo di fermare i nostri aerei da ricognizione, gli unici occhi della società civile nel Mediterraneo». Poi, la portavoce della ONG Giorgia Linardi ha commentato: «Utilizzano fra