Diritto d’asilo e accoglienza: che cosa è cambiato in un anno secondo il nuovo “country report” dell’Asylum information database dell’ECRE sul nostro Paese. Questo primo bilancio complessivo (e preoccupante) è arricchito dal recente rapporto annuale del Centro Astalli, frutto dell’impegno “sul campo”.
In un quadro normativo peggiorato, il diritto d’asilo in Italia continua a essere una corsa a ostacoli.
Varie Questure nel 2018 hanno impedito di registrare domande di protezione internazionale per i motivi più vari, fra cui orari e giorni di apertura degli uffici a scartamento ridotto, la pretesa (illegale) del domicilio e la richiesta di “provare” la parentela con bambini e ragazzi attraverso documenti o test del DNA. Diverse sentenze di tribunale hanno sancito, peraltro, che questi ostacoli sono illegittimi e hanno ordinato alla Questure di consentire la registrazione delle domande.
Ma c’è anche il nuovo Schema di capitolato d’appalto dei servizi d’accoglienza, che, tagliando le quote corrisposte agli enti gestori, «spinge di fatto alla chiusura le strutture a dimensioni ridotte, incoraggiando l’accoglienza dei richiedenti asilo in quelle più grandi» e spersonalizzate.
Ha stilato un primo bilancio sull’“era” del decreto immigrazione e sicurezza in Italia (il 113/2018 convertito in legge dalla 132/2018), con i suoi risvolti noti e meno noti, il country report 2018 dedicato al nostro Paese dall’Asylum Information Database (AIDA) dell’ECRE e pubblicato in questi giorni.
In allegato a questa news proponiamo il documento integrale, segnalando in particolare le utili pagine di sintesi (14-16) sui «principali cambiamenti rispetto al report precedente» (cioè quello pubblicato nel marzo 2018), suddivise in quattro voci: la procedura d’asilo, le condizioni d’accoglienza, la detenzione dei richiedenti asilo e il contenuto reale della protezione nel nostro Paese.
Oltre, naturalmente, alla sostanziale abolizione della protezione umanitaria e all'”amputazione” delle competenze dello SPRAR-SIPROIMI, il report dell’AIDA ricorda fra l’altro la situazione delle famiglie con minori soggette al regolamento “Dubino”, la discutibile “procedura di confine” applicabile nelle zone di frontiera e nei centri di transito, e l’introduzione sia dell’altrettanto discutibile concetto di provenienza da “Paese sicuro” (anche se la lista di questi Paesi manca ancora), sia di quello di “protezione interna” (che fa respingere una domanda d’asilo perché il richiedente avrebbe potuto trovare protezione in qualche altra area del Paese d’origine).
Ma l’AIDA denuncia anche i problemi causati dalla nuova procedura per la notifiche degli appuntamenti e delle decisioni in Commissione territoriale, i provvedimenti di revoca dell’accoglienza emessi in varie Prefetture «senza proporzionalità e senza giustificazioni adeguate» e la preclusione dell’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo.
L'”osservatorio” Astalli: “Vite sempre più precarie”Un altro osservatorio sulle difficoltà dei “migranti forzati” in Italia è costituito, indirettamente, dall’attività di accompagnamento e accoglienza del Centro Astalli, la cui rete territoriale oltre che a Roma è presente in altre sei località italiane, Palermo, Catania, Grumo Nevano (Napoli), Vicenza, Padova e Trento. «Gli arrivi di migranti forzati via mare in Italia nel 2018 sono diminuiti dell’80% rispetto all’anno precedente e la cosiddetta emergenza sbarchi può certamente dirsi conclusa – ha rilevato il Centro Astalli in alcune considerazioni di sintesi in occasione della recente presentazione del suo Rapporto annuale 2019 a Roma –. Purtroppo il sistema di protezione italiano continua a non essere in grado di rispondere efficacemente ai bisogni delle persone presenti sul territorio e anzi, in un anno di accompagnamento dei migranti forzati, il Centro Astalli ha registrato un aumento del disagio sociale, della marginalizzazione, degli ostacoli frapposti all’ottenimento di una protezione effettiva. Negli ultimi mesi dell’anno tutti i servizi hanno registrato che la vita delle persone assistite è segnata sempre più dalla precarietà». Gli operatori e gli analisti del Centro elencano: «L’abolizione della protezione umanitaria (che veniva concessa in molti casi proprio a seguito dell’emersione di una vulnerabilità sanitaria o sociale), il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano e, più in generale, il moltiplicarsi di ostacoli burocratici a tutti i livelli finiscono per escludere un numero crescente di migranti dai circuiti d’accoglienza e dai servizi territoriali». Nel 2018 la rete nazionale del Centro Astalli, con 594 volontari, ha accompagnato nei suoi servizi circa 25 mila persone, di cui 12 mila a Roma. Sono state 1.018 quelle accolte (fra cui 375 a Roma, 232 in centri SPRAR e 143 nelle comunità di ospitalità). Per scaricare il Rapporto annuale 2019, cliccare qui. |
Ancora nessun commento, aggiungi il tuo qui sotto!