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Osservatorio Grecia: quasi una premessa, la crisi nella crisi

Primi di marzo 2020: sui cieli dell’isola di Lesbo si sente il boato degli aerei militari turchi che superano la velocità del suono: è l’eco dell’ultimo, sanguinoso capitolo della guerra di Siria, che da solo ha prodotto un milione di sfollati e che ha avuto gravi conseguenze sulle frontiere fra Grecia e Turchia, dopo che il presidente Erdogan ha proclamato di non voler più fermare i rifugiati e i migranti che desiderano entrare in Europa. Sono gli effetti di un tragico domino geopolitico, ma anche dell’accordo UE-Turchia del 2016, che di fatto ha esternalizzato (ad alto costo per quanto a bassi standard) il diritto d’asilo.

Gli “effetti collaterali” dell’ultimo capitolo della guerra di Siria: una famiglia di sfollati del governatorato di Idlib (foto MSF).

 

di Pietro Derossi, marzo 2020, da Lesbo

Sono i primi di marzo, ma non si respira un clima di serena attesa dell’arrivo della primavera. Al contrario, si assiste sgomenti a un nuovo sanguinoso capitolo della guerra in Siria, e sui cieli dell’isola di Lesbo si sente solo il boato degli aerei militari turchi che superano la velocità del suono.

Le forze fedeli a Bashar al-Assad, il dittatore siriano, hanno riconquistato il controllo di gran parte del territorio dello Stato[1]. Dopo più di otto anni di guerra, Assad è determinato a riconquistare la provincia di Idlib, dove sono asserragliate le forze ribelli e dove risiedono oltre tre milioni di civili, di cui più della metà sfollata da altre zone del paese[2].  In questa zona della Siria, Assad deve affrontare non solo i ribelli interni ma anche le forze armate turche.

Nell’ottobre del 2017, dopo la prima incursione turca nel nord della Siria in funzione anti-curdi, la Turchia cominciò a mettere in piedi “posti di osservazione” nella provincia di Idlib per scoraggiare un’eventuale offensiva militare delle forze di Assad ed evitare il rischio di un nuovo massiccio esodo di profughi verso il territorio turco[3].

L’intenzione di Erdogan è quella di creare una sorta di protettorato a nord delle Sira ove riversare i profughi siriani attualmente residenti sul suo territorio, e al contempo ridurre il peso delle popolazioni curde che si trovano sul confine[4].

La mappa qui sopra rappresenta la situazione aggiornata della Siria[5]:

– le forze fedeli ad Assad sono indicate in rosso;

– i curdi siriani in giallo;

– le forze ribelli a Idlib in verde scuro;

– Turchia e alleati siriani in azzurro;

– Esercito siriano di Assad e Forze democratiche siriane (coalizione anti-ISIS di curdi e arabi) in arancione;

– i ribelli antigovernativi appoggiati dagli Stati Uniti (nel sud) in verde acqua;

– le Alture del Golan occupate da Israele (nel sudovest) in viola.

Il 6 marzo viene dichiarato il cessate il fuoco e gli scontri fra le forse fedeli ad Assad e i turchi vengono sospesi. Ma la guerra ad Idlib ha già causato circa un milione di sfollati siriani, in gran parte accampati al confine tra Turchia e Siria[6].  Persone che potrebbero facilmente aggiungersi ai quattro milioni di profughi già presenti in Turchia, di cui 3,6 milioni siriani e 400.000 di altre nazionalità, secondo le stime dell’Alto Commissariato per i Rifugiati[7].

Questi numeri sono in realtà il prodotto dell’accordo risalente al 2016 tra la Turchia e gli Stati Membri dell’Unione europea. In virtù di tale accordo, in cambio della somma di 6 miliardi di euro, Erdogan si è impegnato a chiudere i propri confini, impedendo il passaggio dei profughi verso la Grecia anche tramite azioni di pattugliamento dei confini marini e terrestri[8].

Stati UE e Turchia: i termini dell’accordo del 2016

Il fondamento di legalità di questo accordo è contenuto in un paio di norme della direttiva europea in materia di procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. In virtù di tali norme, gli Stati dell’Unione hanno la facoltà di ritenere inammissibili le domande di protezione internazionale avanzate da persone che possano avvalersi della protezione garantita da uno Stato esterno all’UE[9].

Questo sistema è stato definito da diversi giuristi come un meccanismo di esternalizzazione della protezione internazionale[10], poiché si configura come un sistema con cui l’Unione Europea delega ad altri il compito di rispettare il diritto alla protezione internazionale.

In pratica, questo costrutto giuridico nascente dalla combinazione dell’accordo con la Turchia e delle norme della direttiva europea sopra richiamata, fino al 29 febbraio 2020 ha impedito a milioni di persone di chiedere asilo all’Unione Europea, costringendole a rimanere in Turchia.

Inoltre, il medesimo meccanismo ha permesso la deportazione in Turchia da parte delle autorità greche di molti di coloro che – spesso a fronte di numerosi e rischiosi tentativi falliti – erano riusciti a eludere la polizia di frontiera turca. In particolare, soggetti a deportazioni non sono stati solamente alcuni di coloro i quali erano stati ritenuti non meritevoli di protezione internazionale; ma anche molti siriani la cui domanda di protezione veniva ritenuta a priori inammissibile nella grande maggioranza dei casi[11].

Questa politica, in essenza volta a prevenire e scoraggiare l’ingresso in Europa da parte di milioni di richiedenti asilo, è stata condotta nonostante molte ricerche sociologiche e giuridiche abbiano evidenziato come, in territorio turco, gli standard effettivi di protezione siano inferiori a quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra sul Diritto all’Asilo, quando il diritto alla protezione internazionale non sia del tutto calpestato[12].

Tutto ciò spiega il considerevole numero di profughi che già vivevano in Turchia prima dell’ultima crisi umanitaria ad Idlib; e spiega, almeno in parte, la decisione assunta nelle scorse settimane dal presidente turco di rompere l’accordo e aprire i propri confini con l’Europa.

Se da una parte si può comprendere l’azione di Erdogan, sulle cui sole spalle l’Unione Europea avrebbe voluto scaricare il peso di gestire il flusso di profughi generato dalla guerra (e non solo quella combattuta in territorio siriano), dall’altra è evidente che il presidente turco utilizza i profughi come una potente arma di ricatto per ottenere dall’Unione Europea supporto sul campo di battaglia siriano[13], nonché maggiori concessioni in campo finanziario, commerciale e doganale[14].

 

[1] Il Post, I due paesi, che mantengono rapporti cordiali nonostante siano su fronti contrapposti della guerra, si sono messi a litigare per la provincia di Idlib, e potrebbe uscirne un guaio, 6 Febbraio 2020, https://www.ilpost.it/2020/02/06/russia-turchia-litigano-siria/

[2] Ibidem.

[3] Ibidem; Marwan Kabalan, Three scenarios for the battle for Idlib, «Al Jazeera», 17. 02. 2020, https://www.aljazeera.com/indepth/opinion/scenarios-battle-idlib-200217090635717.html?utm_source=website&utm_medium=article_page&utm_campaign=read_more_links

[4] Umberto De Giovannangeli, Idlib, la tregua armata prima della resa dei conti finale, «Globalist», 06.03.2020, https://www.globalist.it/world/2020/03/06/idlib-la-tregua-armata-prima-della-resa-dei-conti-finale-2054098.html

[5] https://syriancivilwarmap.com/

[6] UNHCR, The Refugee Brief: What do you need to know, 4 Marzo 2020, https://www.unhcr.org/refugeebrief/the-refugee-brief-4-march-2020/; The Refugee Brief: What do you need to know, 13 Marzo 2020, https://www.unhcr.org/refugeebrief/the-refugee-brief-13-march-2020/

[7] UNHCR, Turkey Fact Sheet, October 2019, https://reliefweb.int/report/turkey/unhcr-turkey-fact-sheet-october-2019

[8] EU – Turkey deal (traduzione Italiana), disponibile presso https://www.repubblica.it/esteri/2016/03/18/news/il_testo_completo_dell_accordo_ue-turchia-135813440/

[9] Articoli 33 (2)(b)(C), 35, 38 della Direttiva 2013/32/EU.

[10]  Fondazione Migrantes, Il Diritto d’Asilo Report 2018:  rifiuto delle nozioni di paese terzo sicuro e di paese di primo asilo,  pp. 221 – 222, https://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/12/Rapporto_Migrantes_2018_integrale.pdf       

[11] ECRE, Country Report: Greece, 2018, pp. 104 -107, https://www.asylumineurope.org/reports/country/greece; UNHCR, Returns From Greece to Turkey, 29 February 2020, https://data2.unhcr.org/en/documents/download/74370

[12] Si vedano ricerche e gli studi citati dal seguente report: ECRE, Country Report: Turkey, 2018, pp. 22-31, 55-53, https://www.asylumineurope.org/reports/country/turkey

[13] Fatto Quotidiano, Erdogan piega l’Ue. Berlino pronta ad aiuti per la Siria, 05.03.2020, https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/03/05/erdogan-piega-lue-berlino-pronta-ad-aiuti-per-la-siria/5726193/

[14] ANSA, Migranti: Erdogan, Grecia come nazisti, 11.03.2020, http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2020/03/11/migranti-erdogan-grecia-come-nazisti_eb971db3-83be-4ee3-a752-69c209532afa.html

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Osservatorio Isole è uno spazio di testimonianza in prima persona e di analisi sullo stato di malattia del diritto alla protezione internazionale in Europa, e prende le mosse dall’ultima offensiva militare del regime siriano nella provincia di Idlib e dalla conseguente decisione del presidente turco Erdogan di aprire ai profughi i propri confini verso l’Unione europea, alla fine di febbraio 2020.

Gli articoli e le notizie principali sono a cura di Pietro Derossi (pietro_derossi91@outlook.com), laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino e abilitato alla professione forense. Derossi vive in Grecia dal giugno 2019, dove ha lavorato con diverse ONG impegnate sul campo nell’assistenza legale dei richiedenti asilo nonché per l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO). Ha visitato i campi profughi di Samo, Chio e Lesbo, e attualmente risiede a Lesbo. Intende rivolgersi «soprattutto a chi, pur non lavorando nel settore, è cittadino accorto e impegnato a informarsi: costui contribuisce a mantenere intatto il sogno della democrazia».

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