Erano 63 i migranti ospitati nella casa cantoniera sgomberata martedì: per la maggior parte famiglie in viaggio, con 16 minori. Dal vescovo di Torino, il ringraziamento ai volontari e alle comunità che li hanno accolti e un appello. Attorno al rifugio Fraternità Massi di Oulx (com’era anche attorno alla casa cantoniera occupata, prima che fosse sgomberata) operano decine di volontari a titolo personale, magari scout o attivisti No TAV, o impegnati a nome di ONG, collettivi, associazioni e realtà ecclesiali. «Le istituzioni hanno lasciato ad attivisti e volontari l’onere di assistere le migliaia di persone che transitano», si legge nell’ultimo rapporto sulla situazione in alta Valle di Susa. Ma anche l’attuale “progetto” del rifugio scade ad aprile.
Attorno al rifugio Fraternità Massi di Oulx, come era anche attorno al rifugio autogestito della casa cantoniera, prima che due giorni fa fosse sgomberato, operano decine di volontari a titolo personale, magari scout o attivisti No TAV, o impegnati a nome di ONG, collettivi, associazioni, organismi ecclesiali: da Rainbow for Africa a Valsusa Oltreconfine, dalla Diaconia Valdese a MEDU.
Questa rete mette a disposizione un tetto per una o più notti, pasti caldi, raccoglie e distribuisce abiti e scarpe adatti alla stagione e alla montagna. Offre uno spazio di ascolto, di sosta anche psicologica, di cura e di accompagnamento ai servizi sanitari, specialmente per chi porta impressa l’impronta della rotta balcanica: congelamenti e malattie da freddo, infezioni, lesioni agli arti per i lunghi giorni di cammino clandestino o per le violenze subite dalla polizia croata o bosniaca, problemi ginecologici o dentali trascurati. Fortunatamente, finora in nessuno dei due rifugi si sono registrati casi di COVID-19.
Sempre a Oulx è aperto da settembre uno sportello di orientamento legale della Diaconia Valdese in collaborazione con il Danish Refugee Council.
Tirava le somme l’ultimo rapporto di MEDU a febbraio: «Le istituzioni hanno lasciato ad attivisti e volontari l’onere di assistere le migliaia di persone che transitano senza assumersi la responsabilità di gestire questa emergenza che è innanzitutto umanitaria. Nel solo 2020 sono passate migliaia di persone senza che quasi gli abitanti di Oulx se ne accorgessero e senza problemi di ordine pubblico che abbiano coinvolto la popolazione locale».
NON C’È SOLO L’INVERNO/3 – Valsusa Oltreconfine: “Dovremmo smetterla con lo scenario del dolore”«Dovremmo smetterla di parlare di “accoglienza”, perché qui si tratta prima di tutto di diritti. Ci focalizziamo sul “dramma”, sulla “neve”, sui disagi dei “bambini”, sullo scenario del dolore. Ma la verità è che i problemi potrebbero essere affrontati a monte in un altro modo, con minori costi collettivi. Ci sono famiglie costrette a fuggire dai loro Paesi che pagano decine di migliaia di euro a passeur e trafficanti: sono soldi che finiscono alle mafie. Quando invece, magari con voli di poche centinaia di euro a testa, potrebbero arrivare in giornata in Europa, dove potrebbero permettersi di pagare subito un affitto, un corso di lingua… Milioni di europei e nordamericani hanno il diritto di spostarsi liberamente (naturalmente al netto della pandemia) perché hanno un passaporto “forte”. Noi possiamo andare in Nigeria con un visto, perché questo di fatto non è possibile a un migrante nigeriano? Sarebbe un vantaggio anche per la nostra economia. Perché un migrante non può arrivare da noi regolarmente e avere diritto di cittadinanza senza essere un irregolare sempre ricattabile? Non dovremmo contare tante morti nel mar Mediterraneo, non dovremmo finanziare Frontex, ci risparmieremmo gli scandali della “mala-accoglienza”…» (DAVIDE ROSTAN, pastore valdese di Susa e volontario di Valsusa Oltreconfine). |
Grazie a un residuo di fondi del ministero dell’Interno in capo alla Prefettura di Torino, il rifugio Fraternità Massi (gestito dalla Fondazione Talità Kum e finanziato in particolare dalla Fondazione Magnetto, con un contributo della Diocesi di Torino) negli ultimi mesi ha potuto aumentare da tre a quattro gli operatori in servizio a turno e ampliare i locali a disposizione, mentre il presidio di un infermiere serale è stato messo a disposizione da Rainbow for Africa; questa ONG ha portato al rifugio anche alcuni moduli abitativi-container.
Ma almeno in questa forma anche il “progetto” del Rifugio si concluderà ad aprile.
NON C’È SOLO L’INVERNO/4 – Rainbow for Africa: “Ostelli per la breve sosta di chi arriva e poi riparte”«Finito l’inverno? È ancora presto per dirlo. Qui in valle ne abbiamo ancora almeno per un mese, ad aprile potrà ancora nevicare. Ma la verità è che il flusso dei migranti di passaggio è sempre alto, anche se con un andamento irregolare: lo certificano i numeri di arrivo a Briançon. C’è chi fugge per problemi “economici” dal Sahel che si inaridisce o da Paesi in guerra, cristiani del Sud Sudan e minoranze perseguitate come gli hazara dell’Afghanistan, curdi, iraniani. Sicuramente d’estate il passaggio si “vede” di meno, tutto è più facile. Per chi è passato da Bihac, per chi ha dormito nelle fabbriche abbandonate in mezzo all’immondizia e bruciando copertoni per scaldarsi, passare una notte nei boschi a luglio non è nulla. A dicembre, a Oulx ho incontrato due giovani che non avevano potuto trovare posto nella casa cantoniera occupata e così hanno dormito all’addiaccio. Con tutto ciò, finora le istituzioni non si sono prese la responsabilità di aprire servizi di accoglienza “ufficiali”, con assistenza sanitaria, vitto e alloggio e operatori (certo, a costi superiori rispetto a quelli delle strutture e della rete di volontari che sono nate in valle “dal basso”: un’esperienza che credo unica in Italia). Sicuramente con lo sgombero appena compiuto alla casa cantoniera la situazione a livello di accoglienza si è fatta più difficile: la stiamo affrontando con maggior organizzazione e collaborazione tra il rifugio e la rete volontaria. Certo, la forma migliore che questi servizi potrebbero prendere sarebbe quella dell’ostello, dove arrivare per una sosta e ripartirne subito dopo» (SILVIA GILARDI, coordinatrice del progetto Freedom Mountain di Rainbow for Africa). |
“Un flusso che non riusciamo certo a interrompere”
Ieri l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che è anche “amministratore apostolico” della Diocesi di Susa, ha ringraziato «quanti si sono resi disponibili ad accogliere le famiglie e i migranti che si sono trovati senza alcun riparo nei giorni scorsi. In particolare voglio sottolineare il servizio della Croce Rossa e il lavoro di don Luigi Chiampo e delle suore Francescane missionarie di Susa e di tanti volontari».
Il riferimento è ai 63 migranti che si trovavano nella casa cantoniera al momento dello sgombero: meno di una ventina di giovani singoli, perché si trattava soprattutto di famiglie, con 16 minori.
Il vescovo di Torino ha ricordato: «Questo cammino è lontano dall’essersi concluso. A Oulx la diocesi ha aperto una casa che accoglie ogni sera circa 30 persone, provenienti soprattutto dalla rotta balcanica… È un flusso che non riusciamo certo a interrompere, ma che – in ogni modo – ci interpella. Servono spazi per accogliere, in particolare le famiglie con bambini. Così come servono contributi finanziari. E serve, ancora, il lavoro volontario di chi sta vicino a queste persone, ascolta i problemi e i bisogni, e con questo suscita speranza. La diocesi farà la sua parte: ma sono in dovere di chiedere – anche alle istituzioni e associazioni laiche – uno sforzo ulteriore: alle emergenze che viviamo tutti si aggiungono quelle dei bisogni urgenti e umanamente necessari di tanti immigrati che arrivano nel nostro territorio».
Allegato
Oulx. Le verità nascoste delle migrazioni (un contributo di Paolo De Marchis, sindaco di Oulx dal 2009 al 2019, per Volerelaluna – Volerelaluna.it, febbraio 2021)
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