Ambiente, clima, giustizia sociale e migrazioni: li collegano un booklet divulgativo illustrato a cura dello Stockholm Environment Institute e del dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e il nuovo rapporto annuale di Amnesty International sui diritti umani presentato ieri. «Entro il 2050 oltre 140 milioni di persone in America Latina, Africa sub-sahariana e Sud-Est asiatico potrebbero essere costrette a migrare».
«Le conseguenze della crisi climatica, come l’innalzamento del livello del mare, le condizioni meteorologiche estreme e i raccolti più bassi, influenzeranno maggiormente i poveri. Entro il 2050 oltre 140 milioni di persone in America Latina, Africa sub-sahariana e Sud-Est asiatico potrebbero essere costrette a migrare».
Lo ricorda un booklet divulgativo illustrato dal titolo La nostra casa comune: una guida per prendersi cura del nostro pianeta, realizzato in questi mesi dallo Stockholm Environment Institute e dal dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
Le 20 pagine della pubblicazione collegano il cambiamento climatico, la biodiversità e l’uso sostenibile delle risorse con i messaggi della Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco sulla cura della “casa comune”.
Il booklet, cui è associato un sito Internet, abbraccia il sapere scientifico sulle questioni ambientali più urgenti e spiega come le persone e le comunità possono agire per costruire un futuro più sostenibile e socialmente giusto. Sia il booklet che il sito sono disponibili, oltre che in italiano, anche inglese, francese, portoghese e spagnolo.
«Tutti hanno diritto all’aria e all’acqua pulite, eppure, i poveri delle città in rapida crescita ne sono molto spesso privati e sono più esposti all’inquinamento – si legge ancora nel booklet -. I giovani dovranno convivere con le conseguenze delle scelte fatte oggi, quindi dovrebbero poter contare di più».
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Amnesty, anche il climate change nel Rapporto 2022-2023“Anche il cambiamento climatico ha contribuito a povertà, malnutrizione e sfollamento. L’innalzamento del livello del mare e le alluvioni hanno avuto un grave impatto sulle comunità costiere impoverite in paesi come Bangladesh, Honduras e Senegal, mentre l’aumento delle temperature, associato a progetti infrastrutturali energetici, ha avuto gravi conseguenze per le popolazioni native in Canada e Russia. In India e Pakistan, per citare alcuni dei paesi colpiti, un’ondata di caldo da record, combinata con l’inquinamento atmosferico, ha determinato un alto bilancio di vittime tra coloro che erano costretti a lavorare all’aperto, come gli agricoltori, i venditori ambulanti e i lavoratori a giornata. Le piogge torrenziali e le alluvioni in Pakistan, accentuate dal cambiamento climatico, hanno avuto un impatto catastrofico sulla vita e i mezzi di sussistenza della popolazione. Nonostante tutto ciò e la positiva adozione a luglio da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di una risoluzione che ha riconosciuto il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile, l’azione sul clima da parte dei governi è rimasta miseramente inadeguata. Se da un lato la COP27 è riuscita ad arrivare all’adozione di un fondo per perdite e danni, per risarcire i paesi poveri dei danni causati dal cambiamento climatico, non è tuttavia riuscita a raggiungere un accordo sull’eliminazione di tutti i combustibili fossili. Intanto gli attuali impegni dei governi per la riduzione delle emissioni condannerebbero l’umanità al devastante impatto del riscaldamento globale sopra la soglia dei 2,5°C… I governi devono intervenire urgentemente per mitigare la crisi climatica e mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5°C, sopra i livelli preindustriali, anche attraverso misure che diano priorità a un’accelerazione dell’eliminazione dei carburanti fossili e garantiscano al contempo una transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio, giusta e compatibile con i diritti umani.” (Amnesty International, dal Rapporto 2022-2023, 28 marzo 2023) |
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