La recente “Nota” Unhcr per il recepimento in Italia della “nuova” direttiva Accoglienza chiede la chiusura dei Cara e un unico sistema di accoglienza su modello della rete Sprar. Anche se non affronta una questione ancora irrisolta nell’ambito dello stesso sistema Sprar: il fatto che i suoi progetti sul territorio si attivano solo se gli enti locali li promuovono su base volontaria, non per obbligo di legge.
“L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato la necessità del superamento dei Cara come centri d’accoglienza. Le dimensioni di tali centri e la loro gestione hanno manifestato una serie di problemi, che hanno portato ad una preoccupante riduzione negli standard d’accoglienza”.
Lo constata l’Unhcr nella “Nota” di osservazioni e raccomandazioni all’Italia elaborata in vista del recepimento delle “nuove” Direttive procedure (2013/32/Ue) e accoglienza (2013/33/Ue): vedi nella notizia precedente.
I Cara, continua l’Alto commissariato, “pensati per accogliere i richiedenti asilo per un massimo di 25-30 giorni, a causa della carenza di posti a livello nazionale e del rallentamento delle procedure d’asilo sono divenuti luoghi dove i richiedenti rimangono per periodi molto più lunghi (anche un anno), con elevati costi per lo Stato, in relazione alla bassa qualità dei servizi erogati e ai possibili abusi ed inefficienze, e soprattutto senza la possibilità di ricevere quei servizi che potrebbero sostenerli nell’eventuale successivo processo d’integrazione”.
“Piccole strutture, secondo quote regionali”
L’Unchr, chiedendo che con il recepimento della Direttiva accoglienza l’Italia arrivi a dotarsi finalmente di un sistema “unitario e coerente” a partire dalla prima accoglienza dei migranti e richiedenti asilo che arrivano nei “flussi misti”, raccomanda di valorizzare “ulteriormente un sistema d’accoglienza integrato e diffuso, secondo il modello sviluppato all’interno della rete di progetti del Sistema di Protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar), superando quello attuale, prevalentemente incentrato sui grandi centri collettivi rappresentati dai Cara”.
In particolare, aggiunge l’Unchr, i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione dovrebbero essere ospitati in appartamenti e strutture d’accoglienza di piccole dimensioni, “secondo quote di distribuzione regionale”.
“Inoltre per rafforzare l’efficienza del sistema nel rispetto di standard adeguati, dovrebbe essere prevista una pianificazione sistematica degli interventi e delle esigenze”. E dovrebbero essere rafforzati i sistemi di monitoraggio e controllo degli standard di qualità con con cui l’accoglienza viene offerta.
Più nel dettaglio, le raccomandazioni e le osservazioni della Nota Unhcr a proposito della Direttiva accoglienza si declinano nelle voci Governance, Programmazione, Sistema d’accoglienza, Accesso al sistema, Informazione, Documentazione, Formazione professionale, Standard, Assistenza sanitaria, Persone con esigenze di accoglienza particolari, Minori, Minori non accompagnati, Formazione, Monitoraggio e Trattenimento.
La “Nota” dell’Alto commissariato, tuttavia, non affronta una questione ancora irrisolta nell’ambito dello stesso sistema Sprar: il fatto che i suoi progetti sul territorio si attivano solo se gli enti locali li promuovono su base volontaria, e non per obbligo di legge come dovrebbe essere in un vero sistema d’asilo nazionale.
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