Entro luglio l’Italia deve recepire le “nuove” Direttive procedure (2013/32/Ue) e accoglienza (2013/33/Ue). In tema di procedure l’Unchr raccomanda, tra l’altro, di formare e introdurre nelle Commissioni territoriali personale più competente nell’esaminare le ragioni e il vissuto di chi chiede asilo nel nostro Paese.
Cantiere del recepimento in Italia del Sistema comune d’asilo Europeo: qualcosa si muove. La “nuova” Direttiva qualifiche del 2011 (2011/95/Ue) è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 18 del 21 febbraio 2014 (in base alla legge di delegazione europea 96/2013). Poi la legge di delegazione europea per il secondo semestre 2013 (la n. 154/2014 all’art. 7) ha delegato il Governo a emanare un “testo unico” delle disposizioni di attuazione della normativa dell’Ue in materia di diritto di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea. Qui i tempi che la legge si è data sono generosi, il luglio 2019.
Ma sono ormai piuttosto stretti per le “nuove” Direttive procedure (2013/32/Ue) e accoglienza (2013/33/Ue), che la stessa legge 154/2014 prescrive di recepire entro il prossimo 20 luglio, almeno in parte.
Questa scadenza, ricorda l’Unhcr, chiama l’Italia “come tutti gli Stati Membri a dare piena e coerente attuazione al Sistema comune d’asilo Europeo”. E proprio su “procedure” e “accoglienza”, in queste settimane l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha lasciato sui tavoli istituzionali una “Nota” di raccomandazioni: nei fatti, un dettagliato documento di osservazioni e proposte.
Se il funzionario è “part time”
Alla voce “procedure”, tra l’altro, l’Unhcr chiede nelle Commissioni territoriali personale più preparato nel valutare i richiedenti asilo. L’Alto commissariato ritiene che “la professionalizzazione e specializzazione, al fine di garantire competenza specifica e formazione del personale deputato a valutare le domande, come previsto dall’art. 4 della Direttiva, possa avvenire con la creazione di un organismo dedicato presso il Ministero dell’Interno a cui sia garantita autonomia funzionale e organizzativa, nonché indipendenza di giudizio e valutazione”.
Questa “professionalizzazione”, sottolinea l’Unhcr, “potrebbe garantire una maggiore efficienza del sistema rispetto alle Commissioni composte da membri che in molti casi hanno concomitanti impegni lavorativi”: vale a dire, fuori dalle perifrasi diplomatiche, molti dei funzionari che oggi si vedono assegnati “part time” alle Commissioni senza nessuna o quasi nessuna competenza nell’esaminare le ragioni e il vissuto di una persona che chiede protezione nel nostro Paese.
Allegato
La “Nota” dell’Unhcr (febbraio 2015, file .pdf)
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