Sono già più di 5.500 i migranti che in questo 2019 sono entrati in Friuli-Venezia Giulia attraverso i Balcani. Ma intanto, quattro associazioni-ONG di Serbia, Croazia, Macedonia e Italia (il nostro Paese è rappresentato dall’ICS di Trieste) hanno promosso una “Coalizione per i diritti ed il benessere dei migranti forzati sulla rotta balcanica” dopo aver constatato che su questi percorsi via terra i respingimenti illegali delle persone da un Paese all’altro e i “respingimenti a catena” attraverso più Stati stanno diventando una pratica sempre più comune. Tutti i dati del primo monitoraggio della Coalizione.
«Oggi, 22 ottobre 2019, la Croazia ha ricevuto il via libera dalla Commissione Europea per l’ingresso nell'”area Schengen” senza controlli alle frontiere. Non si può non guardare con favore all’allargamento di questo spazio: può essere un passo positivo e veramente necessario in direzione di una più estesa libertà di movimento nell’Unione Europea. Ma l’adesione della Croazia allo spazio Schengen dovrebbe essere condizionata alla fine immediata dei respingimenti illegali e violenti di migranti attuata dal Governo del Paese».
Voci, analisi e denunce dalla “rotta invisibile”. La dichiarazione è del CMS (Centar za Mirovne Studije, Centro per gli studi sulla pace), un’organizzazione non profit con sede a Zagabria che sostiene i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati in Croazia. E che con l’ICS di Trieste, l’APC di Belgrado e la Legis di Skopje ha promosso una “Coalizione per i diritti ed il benessere dei migranti forzati sulla rotta balcanica“.
Le quattro associazioni-ONG hanno deciso di collaborare dopo aver constatato che sulla “rotta” via terra dei Balcani occidentali «i respingimenti illegali delle persone da un Paese all’altro e i cosiddetti “respingimenti a catena” attraverso più Stati stanno diventando una pratica sempre più comune».
Sotto una cortina di silenzio, le violenze della polizia
I respingimenti quotidiani (“push back“) sono spesso accompagnati dall’uso della forza, dal sequestro di oggetti personali, da molestie e umiliazioni ai danni di rifugiati e migranti. A subire queste pratiche sono anche bambini e minori non accompagnati, mentre a molti richiedenti asilo – sia minori sia maggiorenni – viene negato l’accesso alle procedure d’asilo e alle tutele necessarie.
«Di solito queste azioni sono compiute dalla polizia di frontiera di notte, ma sempre più spesso si registrano casi diurni». E tuttavia l’opinione pubblica viene a sapere poco o nulla di tali pratiche, anche perché i media ne parlano poco, anche a livello locale.
Un duplice appello
«Molti migranti percorrono i Balcani in cerca di protezione dalla violenza e dalle persecuzioni nei loro Paesi di provenienza. Non hanno un luogo dove fare ritorno perché le loro case sono andate distrutte e rischiano la vita a causa delle violenze e delle persecuzioni di gruppi armati. Fra loro, una moltitudine di donne e bambini, ma anche adolescenti e giovani alla ricerca di una vita migliore e in pace. Nessuno merita di essere esposto alla violenza, alla brutalità, né al comportamento crudele e umiliante di chicchessia, né tanto meno da parte dei rappresentanti dello Stato. Il comportamento dalla polizia di frontiera può essere visto come un tentativo (illegale) di controllare i fenomeni migratori. Tuttavia l’alternativa esiste: risiede nell’applicazione delle leggi e delle procedure in vigore, che prevedono il libero ingresso per i richiedenti asilo, la chance di richiedere protezione e un sistema di accoglienza funzionante».
Da qui un duplice appello della Coalizione: «Facciamo appello alle istituzioni statali perché osservino le leggi nazionali e le norme internazionali in materia d’asilo e le applichino. Lanciamo un appello alle organizzazioni internazionali perché condannino con fermezza la pratica illegale, violenta, disumana dei push back e la negazione del diritto d’asilo, impegnandosi a fondo perché gli Stati adottino misure per prevenire e fermare tali pratiche, mettendo a confronto i valori della civiltà europea con i “valori” correnti del nostro tempo».
I dati della rotta “invisibile”
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