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Via delle Alpi: un’estate (abbastanza) tranquilla a Briançon con il “nuovo corso” sulla frontiera del Monginevro

La situazione sul versante francese della “rotta” migratoria della Valle di Susa dopo le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea del settembre 2023 e del Consiglio di Stato transalpino del febbraio 2024. Ma sugli arrivi ridotti nella cittadina ai piedi del colle di confine con l’Italia pesano le politiche restrittive sul fronte del Mediterraneo, fra Belpaese e Tunisia.

 

Sul terrazzo… delle Terrasses Solidaires di Briançon (foto L’Humanité).

 

«Abbiamo avuto un’estate relativamente tranquilla nel Briançonnais. Negli ultimi anni questa stagione aveva visto un notevole aumento degli arrivi. E l’anno scorso la casa d’accoglienza delle Terrasses Solidaires era stata costretta a chiudere i battenti a causa dell’elevata affluenza, perché non c’erano le condizioni di sicurezza per accogliere le persone con un minimo di dignità».

In questo 2024, invece, solo un incidente ha turbato i mesi estivi: un incendio divampato in una stanza il 14 luglio ha imposto la chiusura delle Terrasses per due settimane. Le persone in accoglienza sono state ricoverate per due notti in una palestra messa a disposizione dal Comune di Briançon.

Poi, in attesa della rimessa a norma delle Terrasses, la Prefettura del dipartimento delle Hautes Alpes ha requisito la Casa della geologia che si trova in un paese vicino. E la Croce Rossa è stata incaricata di gestire questa accoglienza temporanea, facendo riferimento agli operatori e ai volontari dell’associazione Refuge Solidaire e dei suoi partner. «Dalla creazione dei Rifugi di solidarietà nel 2017 (la primissima accoglienza ai migranti in transito auto-organizzata dalla società civile della zona, ndr) è la prima volta che le pubbliche autorità hanno dato un contributo all’accoglienza dei rifugiati nel Briançonnais».   

Ultimi giorni d’estate, ultime notizie da Briançon, sul versante francese della via della Vale di Susa. A riferirle è la rete del movimento Tous Migrants, con sede nella cittadina, che allinea alcuni fatti per spiegare almeno in parte la riduzione estiva delle presenze di migranti e rifugiati (anche se negli ultimi giorni il flusso è tornato ad aumentare): le politiche restrittive italiane con il crollo degli arrivi via mare, il gran numero di persone bloccate in Tunisia (benché prese di mira dalla xenofobia alimentata dal governo di Kais Saied) per via delle politiche di esternalizzazione Italia-UE, e forse anche mutamenti delle rotte migratorie che per ora ci sfuggono.

Përshkrimi i fotografisë nuk është i disponueshëm.

“Pull factor” alla francese?

In ogni caso, osservano i volontari di Tous Migrants, ciò che si è registrato a Briançon dimostra ancora un volta l’inconsistenza delle teorie di “pull factor” (nella declinazione francese, “migliorare le condizioni di accoglienza dei migranti non fa che attirarne di nuovi”): il calo di arrivi «coincide con la cessazione quasi totale dei respingimenti alla frontiera, almeno nel Briançonnais, dopo le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 23 settembre  2023 e del Consiglio di Stato del 2 febbraio 2024».

Due decisioni, queste ultime, che negli ultimi mesi hanno cambiato la situazione al di qua e al di là del Monginevro confermando l’illegalità del regime di controllo delle frontiere interne deciso da Parigi nel 2015.

Si esce liberi dalla PAF. Ma prima, in cella 

Questa la situazione oggi al colle: «Le pratiche di frontiera sono le stesse da giugno – spiega Tous Migrants -. La maggior parte delle persone ottengono un colloquio individuale abbastanza approfondito. Nel corso di questa procedura hanno la possibilità di far valere il loro diritto d’asilo e quindi di uscire libere dai locali della Polizia di frontiera (PAF) al Monginevro, peraltro non senza essere stati prima messi in cella. Notiamo inoltre prassi molto eterogenee: le detenzioni vanno da pochi minuti a quasi 24 ore, compresa una durata di collocamento in cella fino a 10 ore, e ci sono persone che hanno testimoniato di aver chiesto asilo asilo senza che questa domanda venisse presa in considerazione».

Anche se ormai si tratta di pratiche isolate, si registrano ancora respingimenti fra le persone che non si presentano alla PAF. Tutti coloro che, secondo gli agenti, non hanno i requisiti per chiedere asilo vengono rimandati giù a Oulx con una procedura di riammissione, «sicuramente più regolamentata di un respingimento alla frontiera, ma che pone gli stessi problemi in termini di accesso ai diritti».

Asilo, l’incognita della nuova legge

Denunciano ancora i volontari della rete: «Durante la detenzione amministrativa le persone dovrebbero poter beneficiare di un interprete, di un avvocato, avere la possibilità di avvisare una persona di propria scelta e, infine, la possibilità di presentare ricorso contro la decisione prefettizia di riammissione in Italia. Però le nostre prime osservazioni mostrano che questi diritti non sono sistematicamente rispettati».

Se le procedure di non ammissione si sono evolute, «nulla è cambiato per quanto riguarda le pratiche dei controlli mirati e discriminatori, con un gran dispiegamento di gendarmi e agenti di polizia lungo tutto il confine».

Nei fatti le prassi di confine sono variabili, anche da un giorno all’altro. «E non possiamo prevedere le conseguenze della legge liberticida su “asilo e immigrazione” approvata lo scorso gennaio dall’asse politico che va dall’estremo centro all’estrema destra, i cui decreti attuativi sono stati pubblicati a metà luglio dal ministro dell’Interno dimissionario».

Leggi anche su Vie di fuga

Il “dossier” Valle di Susa

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