I nuovi propositi di attenzione del governo italiano alle «condizioni umanitarie» nei centri di detenzione per migranti e rifugiati in Libia arrivano dopo mesi di silenzi e di iniziative mirate al loro mero “contenimento” in quel Paese.
«Le condizioni di quelli che rimangono in Libia, posso garantirvi, sono il mio assillo ed è l’assillo del Governo italiano», ha detto venerdì a Torino il ministro dell’Interno Marco Minniti, dopo averlo già affermato ad agosto ma aggiungendo: «La prossima settimana insieme con la Farnesina incontreremo le ONG italiane. Ragioneremo con loro se è possibile, accanto alle operazioni di salvataggio in mare, che naturalmente continuano, costruire un’iniziativa delle ONG direttamente in Libia per affrontare quel tema dei diritti umani e delle condizioni di vita».
Il giorno prima il premier Gentiloni aveva detto a Praga: «L’allarme umanitario non solo lo condividiamo, ma è uno dei nostri impegni maggiori da molto tempo e mi auguro che gli sviluppi che abbiamo avuto in queste settimane con le autorità libiche ci consentano di avere nei rapporti con la Libia la possibilità di chiedere e forse anche ottenere condizioni umanitarie che sei mesi fa neanche ci sognavamo di chiedere».
E secondo il sottosegretario agli Esteri Mario Giro sarebbe già prevista la messa a bando, entro settembre, di sei milioni di euro della Cooperazione italiana.
Non si sa ancora che cosa emergerà concretamente da questi impegnativi annunci di coinvolgimento di alcune ONG su quel campo minato che continua ad essere il territorio libico. Ma è un fatto: questi annunci arrivano dopo mesi di silenzi e di iniziative mirate, con indubbio successo, al contenimento di migranti e rifugiati in quel Paese, senza tenere in gran conto le «condizioni umanitarie» oggi ricordate.
Secondo dati del Viminale, ad agosto sono stati soccorsi e sono sbarcati in Italia appena 3.900 rifugiati e migranti, nemmeno un quinto dell’agosto 2016. Mentre sarebbero 13.100, secondo l’OIM, quelli intercettati e riportati indietro dalla Guardia costiera libica in questo 2017 fino al 21 del mese scorso.
Questi risultati hanno riscosso nelle scorse settimane il plauso europeo. Salvo eccezioni, l’UE e gli Stati membri non hanno fatto il minimo cenno alle gravi denunce di abusi, violenze e collusioni con i trafficanti di esseri umani che pesano su settori della Guardia costiera libica, né ai centri di detenzione (o meglio, lager) per migranti in Libia.
La situazione di questi ultimi è nota da tempo. All’inizio del 2017 se ne contavano almeno 34 di cui solo 24 gestiti da personale “governativo” del “Dipartimento di contrasto dell’immigrazione illegale” e i restanti da milizie varie (fonti di questi dati, l’UNICEF e l’UNHCR). Le migliaia di persone che vi sono stipate subiscono umiliazioni, violenze, assassinii e taglieggiamenti denunciati fra gli altri (già nel 2016!) dall’UNSMIL, la benintenzionata ma debole Missione di supporto dell’ONU in Libia: vedi sotto negli allegati.
Soltanto alla fine dello scorso agosto, a Parigi, il vertice quadrilaterale di Francia, Germania, Spagna e Italia ha promesso nella sua Dichiarazione congiunta, per il futuro, un generico «maggior sostegno» a UNHCR e OIM per creare nel Paese «un’infrastruttura umanitaria» in collaborazione con il governo di al-Sarraj.
Mentre ancora quattro giorni fa, incredibilmente, il nuovo report della Commissione UE sul “Quadro di partenariato con i Paesi terzi nell’ambito dell’Agenda europea sulla migrazione” si limitava ad annotare con soddisfazione che «le iniziative messe in moto per rafforzare le capacità della Guardia costiera libica per la sorveglianza marittima e il contrasto dei traffici comincia a dare i suoi frutti» e, a proposito dei centri di detenzione, a segnalare la collaborazione dell’UE alle iniziative di assistenza in quei luoghi, ancora palliative, condotte dall’UNHCR e dall’OIM.
Secondo notizie stampa, il governo al-Sarraj avrebbe deciso nei giorni scorsi la chiusura di sette centri di detenzione.
Diritto internazionale, l’analisi dell’ASGI: “Sul ‘contenimento’ delle persone in Libia è illegittimo collaborare con il governo di Al-Sarraj” «È illegittima ogni forma di collaborazione con il governo libico di Al-Sarraj (o con altre fazioni militari) tesa ad attribuire a quest’ultimo il compito di soccorrere/bloccare/detenere degli esseri in umani che transitano in Libia e che sono diretti in Europa. L’Italia ha altresì l’obbligo giuridico di non contribuire in alcun modo alla detenzione e alla tortura di alcun essere umano, così come invece accade sistematicamente agli uomini e alle donne che vengono intercettate (e “soccorse”) dalla Guardia costiera libica o dalle altre milizie libiche». Sono le conclusioni cui giunge l’ASGI in un documento di analisi alla luce del diritto internazionale pubblicato ad agosto. Secondo l’associazione di studi giuridici, la prassi che nel Canale di Sicilia fino a pochi mesi fa «ha reso onore alla tradizione umanitaria del nostro Paese» «oggi non può essere abbandonata a favore di un approccio diametralmente opposto». Un approccio che, tra l’altro, ci espone al «rischio di gravissime violazioni del diritto internazionale» che lo riporterebbero alla «stagione buia dei respingimenti per i quali l’Italia era stata già condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo». |
Collegamenti
Detained and dehumanised: il rapporto UNSMIL sugli abusi sui migranti in Libia (dicembre 2016)
Il rapporto del “Panel of Experts on Libya” al Consiglio di sicurezza dell’ONU (giugno 2017)
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