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Memorandum Italia-Libia quattro anni dopo: anche per l’ONU politiche come queste sono da “rivedere”. Un fallimento che ci è costato 785 milioni

«Invito gli Stati membri interessati a rivedere le politiche che appoggiano l’intercettamento in mare di rifugiati e migranti per riportarli in Libia»: a quattro anni esatti dalla firma del memorandum Italia-Libia del 2017, questa recente raccomandazione del Segretario generale dell’ONU cade in un silenzio assordante. L’ultimo report delle Nazioni Unite riferisce per l’ennesima volta di violenze e torture anche nei centri di detenzione “ufficiali”. Ma nel 2020 i rifugiati e i migranti intercettati dalla Guardia costiera “libica” sono cresciuti quasi del 30%. In aumento anche il numero di corpi recuperati nelle acque territoriali. Mentre l’Italia per “contenere” migranti e rifugiati in Libia in questi quattro anni ha speso 785 milioni di euro. ***Aggiornamento 12 febbraio 2021: le autorità italiane, la Guardia costiera “libica” e la società Augusta Offshore chiamati a giudizio da Amnesty e ASGI per i cinque eritrei respinti in Libia sulla nave Asso 29 nel 2018***

 (Foto UNICEF).

 

«Invito gli Stati membri interessati a rivedere le politiche che appoggiano l’intercettamento in mare di rifugiati e migranti e in Libia». A gennaio lo ha chiesto formalmente, nero su bianco, il Segretario generale dell’ONU nel suo ultimo rapporto sulla Libia, con parole che oggi, a quattro anni esatti dalla firma del memorandum Italia-Libia del 2 febbraio 2017, dovrebbero risuonare assordanti.

«Migranti, rifugiati, comprese donne e minori continuano a subire regolarmente discriminazioni, arresti, detenzione arbitraria ed altre violazioni dei diritti umani», riferisce il report dell’ONU. L’UNISMIL negli ultimi mesi ha continuato a ricevere relazioni su torture, privazioni di cibo e di cure sanitarie, sparizioni forzate e violenze sessuali ai danni di persone “trattenute” nei centri di Suq al-Khamis, Abu Salim, Nasir e Abu Isa, tutti gestiti dalla Direzione “libica” per il contrasto dell’immigrazione illegale.

Ci sono denunce su uomini e ragazzi colpiti da armi da fuoco e percossi dagli agenti di guardia per estorcere denaro alle loro famiglie, e denunce su feriti e morti, sempre per colpi di armi da fuoco, per aver tentato la fuga dai centri. 

Fra settembre e dicembre 2020 il numero di migranti e rifugiati rinchiusi nei centri è cresciuto per l’aumento sia degli intercettamenti in mare, sia degli arresti ancora a terra, prima dell’imbarco. In otto centri “governativi” registrati sono bloccate circa 2.300 persone, 695 delle quali di competenza UNHCR. 

In tutta la Libia i «gruppi armati tengono in detenzione arbitraria e prolungata migliaia di uomini, donne e bambini che vengono sottoposti a torture, violenze sessuali e ad altri abusi», tanto che «la detenzione illegale resta un fattore determinante nella situazione di conflitto nel Paese». Ma rifugiati e migranti devono essere «liberati» anche anche dagli otto centri “legali”, offrendo loro un tetto dignitoso. Per l’ennesima volta il Segretario generale ha ricordato che «la Libia non è un “porto sicuro” per il loro sbarco».

Nel 2020 sono stati intercettati dalla Guardia costiera “libica” e riportati in Libia 11.891 fra migranti e rifugiati: quasi un terzo in più rispetto ai 9.225 del 2019 (dati di fonte OIM).

Sulla rotta del Mediterraneo centrale fra 2019 e 2020 si sono ridotte le stime “ufficiali” su morti e dispersi. Però nelle sole acque libiche nel 2020 sono stati recuperati 226 corpi, quasi il doppio rispetto al 2019 (121); 219 invece i dispersi, più del doppio rispetto ai 102 registrati l’anno prima (sempre dati OIM).

A quanto pare, i diritti umani possono sempre attendere

***Aggiornamento 12 febbraio 2021: le autorità italiane, la Guardia costiera “libica” e la società Augusta Offshore chiamati a giudizio da Amnesty e ASGI per cinque eritrei respinti in Libia sulla nave Asso 29 nel 2018: cliccare qui per approfondire la vicenda***

“Volontà italiana di rafforzare i diritti umani”, chi l’ha vista? Ma intanto in quattro anni abbiamo speso 785 milioni di euro

Cliccare per ingrandire: ammontano a 785 milioni di euro le spese dell’Italia per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali nazionali ed europee (fonte appello al Parlamento 2 febbraio 2021, elaborazione a cura di Oxfam).

Pur di fronte al tragico fallimento dell’accordo Italia-Libia da anni sotto gli occhi dell’opinione pubblica, nulla si è più saputo rispetto alla proposta libica di modifica del Memorandum, annunciata il 26 giugno 2020 e che a detta del ministro degli Esteri Luigi Di Maio andava ‘nella direzione della volontà italiana di rafforzare la piena tutela dei diritti umani‘. Né tantomeno sono stati resi noti gli esiti della riunione del 2 luglio 2020 del Comitato interministeriale italo-libico, o se ci siano stati nuovi incontri, e neppure a quali eventuali esiti finali sia giunto il negoziato che avrebbe dovuto portare un deciso cambio di rotta nei contenuti dell’accordo” (dall’appello al Parlamento di ASGI, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Oxfam e Sea-Watch, 2 febbraio 2021).

Allegati

United Nations Support Mission in Libya. Report of the Secretary General (in inglese, gennaio 2021, file .pdf)

Libia, i dati 2020 (OIM, gennaio 2021, file .pdf)

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