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Chio e Lesbo, dal malcontento alla guerriglia degli isolani

Ben prima che la Turchia annunciasse l’apertura delle sue frontiere, sulle isole di Chio e Lesbo la popolazione locale già organizzava periodiche proteste in piazza. Molti isolani, nonostante tutto, non sono ostili verso gli stranieri. Ma soffrono il cambiamento di identità subito dalle loro terre. Anche solo considerando i dati ufficiali, a Lesbo un abitante su cinque è un cittadino extra-europeo. Mentre non si intravede il minimo sbocco allo squallore dei campi d’accoglienza. A febbraio la tensione è esplosa in serrate, scontri e assalti dopo la notizia del progetto di Atene di costruire due nuovi campi a Lesbo e a Chio. Il consiglio agli operatori internazionali: “Meglio se non dite cosa fate…”.

Una veduta di Mitiline, capoluogo di Lesbo (foto Wikipedia).

 

di Pietro Derossi, marzo 2020, da Lesbo

(segue dalla corrispondenza del 26 marzo)

Ben prima che il presidente della Turchia Erdogan annunciasse l’apertura delle sue frontiere, sulle isole di Chio e Lesbo – le due isole più grandi – la popolazione locale da mesi già organizzava periodiche proteste in piazza. Gli abitanti sono oramai stremati dai continui arrivi e da quella che sembra un’inesorabile espansione dei campi profughi allestiti sulle loro terre dal 2015, quando vi fu la prima anomala ondata di profughi per lo più generati dai conflitti in Siria, Afghanistan, Yemen e Iraq.

È impossibile avere una rappresentazione accurata di quanti migranti risiedano davvero sulle isole ad oggi. Due giorni fa abbiamo citato il dato fornito dall’UNHCR di circa 42.000 persone, ma questi numeri sono a detta stessa dell’agenzia dell’ONU approssimativi, perché difficilmente ricomprendono le tante persone che, a seguito di un rigetto della richiesta di protezione, rimangono comunque su suolo ellenico senza documenti e irregolari per via della impossibilità pratica delle autorità di deportarli nel Paese di origine. Ad ogni modo, anche solo considerando i dati ufficiali esistenti, si pensi che a Lesbo, ad esempio, un abitante su cinque è un cittadino extra-europeo[1]. La proporzione reale è però superiore; e ancora maggiore la sua percezione, poiché la distribuzione degli stranieri non è omogenea sul territorio ma concentrata tra Moria, il campo profughi di Lesbo, e Mitiline, il maggiore centro urbano dell’isola.

Un’identità perduta

Discorrendo con tassisti, colleghi nativi di Lesbo e panettieri, realizzo che molti locali, nonostante tutto, non hanno sviluppato un sentimento di ostilità verso lo straniero. Al contrario, molti si dicono imbarazzati delle condizioni in cui i richiedenti asilo sono costretti a vivere. Gente comune lamenta problemi concreti e comprensibili: ad esempio, la perdita pressoché totale dei guadagni economici derivanti dal turismo.

L’economia locale si è convertita. Dall’essere fondata su un turismo anche internazionale, è passata a contare sulle spese di vita di tutto il personale di associazioni, organizzazioni internazionali e uffici europei oramai costantemente presenti sul luogo.

Con l’economia è cambiata anche l’identità di queste isole: da luoghi ameni da copertina di rivista turistica a sedi di squallidi ed enormi insediamenti di migranti sporchi e sofferenti. Del resto, affermare che molti profughi in Grecia “puzzano” non è razzista, ma è fredda osservazione di una conseguenza delle condizioni in cui sono posti. In un’occasione, all’inizio di un’intervista ufficiale per l’esame di una domanda di protezione internazionale, una persona mi chiese scusa perché era consapevole di puzzare, ma non aveva avuto la possibilità di lavarsi. Non mi sono sentito razzista a riconoscere che aveva ragione, bensì colpevole nei suoi confronti.

Un flusso di persone senza via d’uscita

Lesbo, il campo “informale” in un uliveto nei pressi del campo d’accoglienza ufficiale di Moria (foto MSF).

A questo forzato e rovinoso cambio d’identità, si somma il timore generalizzato che il flusso di persone straniere e indigenti continui per sempre senza che vi sia un condotto di uscita. Si tratta di un timore fondato considerati i dati numerici[2], che mostrano un’esponenziale aumento della popolazione dei campi, e considerata la legge greca, che sottopone i nuovi arrivati a una restrizione geografica in virtù della quale, nell’attesa che la domanda di protezione venga esaminata e decisa, le persone sono confinate sull’isola[3]. Di regola, solo una decisione positiva che garantisce protezione all’individuo consente di lasciare l’isola a chi vi ha fatto ingresso e di muoversi all’interno del territorio ellenico[4]. Tuttavia, per mancanza di mezzi e scarso livello di integrazione, molti decidono comunque di continuare a vivere nei campi isolani[5].

È facile intuire come questo scenario possa generare un senso di “soffocamento” e “invasione” di quelli che da sempre sono stati i propri spazi; nonché frustrazione per essere stati sottoposti a un cambiamento radicale dei propri luoghi originari invece che alla richiesta di integrare i nuovi arrivati nel tessuto sociale e nell’equilibrio preesistente.  

Al malcontento verso il Governo per la gestione del fenomeno migratorio, si aggiunge il malcontento di chi, per mancanza di conoscenze e strumenti culturali, rivolge la propria ostilità verso gli stranieri, seppure le statistiche dimostrino che nella maggior parte dei casi si tratta di persone che fuggono dalla guerra o da persecuzioni e cercano solo un luogo sicuro in cui vivere[6].

L’escalation delle proteste

La somma delle due tipologie di malcontento descritte ha condotto a una temperatura incandescente in queste zone della Grecia. Basterebbe gettare un fiammifero a terra per far divampare un mostruoso incendio.

Ma più che come un fiammifero, la recente decisione del Governo di realizzare altri due campi profughi rispettivamente nelle isole di Chio e Lesbo viene percepita come un lanciafiamme. Imponenti proteste di piazza, a cui partecipano la quasi totalità delle popolazioni locali, nonché azioni di boicottaggio verso la costruzione dei nuovi campi vengono lestamente organizzate nel tardo febbraio del 2020[7].

Durante queste giornate, in qualità di dipendente dell’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo, mi viene suggerito di evitare il centro urbano e di prestare attenzione a non svelare la mia identità professionale in luoghi pubblici. Sia a Chio che a Lesbo le escavatrici e i materiali per costruire i nuovi campi arrivano in nave scortati da squadre speciali di polizia anti-sommossa. Scena di guerriglia urbana con lancio di pietre e lacrimogeni tra forze dell’ordine e locali iniziano immediatamente[8].

Le manifestazioni vedono la partecipazione quasi unanime di tutta la popolazione locale. Gli esercizi commerciali rimangono tutti chiusi per diversi giorni[9]. Pare che alcuni chiudano solo per timore di subire atti vandalici ritorsivi, ad ogni modo al terzo giorno di sciopero invito a cena alcuni colleghi alloggiati in hotel perché non sanno dove andare a mangiare e hanno fame. D’altra parte le strade della città non sono mai state così piene, con continui scontri violenti tra civili e forze dell’ordine.

Il 26 febbraio accade addirittura che i manifestanti di Chio prendano d’assalto l’hotel dove albergano gli agenti di polizia inviati a presidiare la costruzione dei nuovi campi. Gli agenti vengono aggrediti in camera, i loro effetti personali gettati in strada, finestre rotte e arresti[10]. Scene di vera e propria insurrezione.

Nei giorni successivi le forze speciali fanno le valigie e salutano le isole[11]. Un tavolo di discussione viene organizzato tra i rappresentanti del Governo centrale e delle isole. Nei primi giorni di marzo i giornali greci pubblicano la notizia che i nuovi campi profughi “chiusi” saranno costruiti sulla terraferma[12].

 

[1] La proporzione, dal carattere approssimativo, si ottiene considerando una popolazione di 86.000 abitanti secondo censimenti anteriori alla crisi migratoria e il numero di profughi o migranti registrato a Lesbo di 22.000 persone. Khatimerini, Greece plans to deport migrants who arrived after March 1, 05.03.2020, http://www.ekathimerini.com/250252/article/ekathimerini/news/greece-plans-to-deport-migrants-who-arrived-after-march-1

[2] L’UNHCR nel 2017 stimava la presenza di un totale di 12.963 persone extraeuropee sul territorio di Lesbo, Samo, Lero, Coo e Lero. Il primo marzo 2020, la stessa agenzia delle Nazioni Unite ha stimato la presenza sulle medesime isole (c.d. hotspots) la presenza di 45.050 persone extraeuropee tra rifugiati e richiedenti asilo, un numero che non considera gli immigrati che rimangono irregolarmente nelle isole pur a seguito di una decisione negativa circa la loro domanda di protezione internazionale. UNHCR, Aegean Islands Weekly Snapshot, 24.02.2020 – 01.03.2020, https://data2.unhcr.org/en/documents/download/74359UNHCR, Europe Refugee Emergency: Daily Ma indicating capacity and occupancy, 14.03.2017, https://data2.unhcr.org/en/documents/download/54465

[3] AIDA, Country Report: Greece,  pp. 119-121, March 2019, https://www.asylumineurope.org/reports/country/greece

[4] Fino a dicembre 2019, per legge greca, erano esonerati dalla procedura d’asilo applicabile sulle isole, e pertanto anche dalla restrizione geografica, determinate categorie di persone considerate vulnerabili. Per via delle recenti modifiche alla legge, dal gennaio 2020 una valutazione di vulnerabilità non comporta automaticamente un esonero dalla restrizione geografica. Solo una valutazione individuale e motivata può eccezionalmente condurre al tale esenzione: Legge Greca n. 4636/2019 artt. 58.1, 67, 72.3.

[5] Questo fatto è notorio ed è attestato dai report di UNHCR sul numero di residenti stranieri sulle isole, che fanno sempre esplicito riferimento sia a persone richiedenti asilo (procedura ancora in corso), che ai rifugiati (persone che hanno terminato la procedura d’asilo con esito positivo). Si veda ad esempio UNHCR, Europe Refugee Emergency: Daily Ma indicating capacity and occupancy, 14.03.2017, https://data2.unhcr.org/en/documents/download/54465

[6] Secondo i dati comunicati dal Servizio di Asilo Greco, nel 2018 il 49,4 % dei richiedenti asilo è stato riconosciuto meritevole di protezione internazionale. Tuttavia, la percentuale di chi è ad ogni modo riconosciuto quale fuggitivo da un situazione di guerra o persecuzione è superiore a questo dato. Infatti, per ottenere tale dato, al 49,4% per cento di chi riceve una decisione positiva, bisogna aggiungere i molti che, seppure perseguitati o provenienti da zone di guerra, si ritiene possano trovare luogo di vita sicuro in un’area diversa da quella di provenienza ma interna al loro stesso paese di origine. AIDA, Statistics: Greece, 26.03.2019, https://www.asylumineurope.org/reports/country/greece/statistics

[7] Khatimerini, Lesvos residents, local officials protest new camp, 15.02.2020, http://www.ekathimerini.com/249610/gallery/ekathimerini/in-images/lesvos-residents-local-officials-protest-new-camp;  Khatimerini, In night of violence, Greeks try to block access to migrant camp building sites, 25.02.2020, http://www.ekathimerini.com/249926/article/ekathimerini/news/in-night-of-violence-greeks-try-to-block-access-to-migrant-camp-building-sites

[8] Khatimerini, Greegk Police to probe violence on islands, 28.02.2020, http://www.ekathimerini.com/250054/article/ekathimerini/news/greek-police-to-probe-violence-on-islands

[9] Khatimerini, Greek islanders strike over new migrant camps, government says no alternative, 27.02.2020, http://www.ekathimerini.com/249993/article/ekathimerini/news/greek-islanders-strike-over-new-migrant-camps-government-says-no-alternative

[10] Greta Albertari, Ai Confini del Fortezza Europea, «Il Post», 3 marzo 2020, https://jacobinitalia.it/ai-confini-della-fortezza-europa/

[11] Khatimerini, After island violence, government announces partial withdrawal of riot police, 26.02.2020, http://www.ekathimerini.com/249977/article/ekathimerini/news/after-island-violence-government-announces-partial-withdrawal-of-riot-police

[12] Khathimerini, As borders fortified, PM to meet with regional officials, 11. 03.2020, http://www.ekathimerini.com/250465/article/ekathimerini/news/as-borders-fortified-pm-to-meet-with-regional-officials; Khathimerini, Greek town agrees to host closed migrant camp, 07.03.2020, http://www.ekathimerini.com/250366/article/ekathimerini/news/greek-town-agrees-to-host-closed-migrant-camp

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Osservatorio Isole è uno spazio di testimonianza in prima persona e di analisi sullo stato di malattia del diritto alla protezione internazionale in Europa, e prende le mosse dall’ultima offensiva militare del regime siriano nella provincia di Idlib e dalla conseguente decisione del presidente turco Erdogan di aprire ai profughi i propri confini verso l’Unione europea, alla fine di febbraio 2020.

Gli articoli e le notizie principali sono a cura di Pietro Derossi (pietro_derossi91@outlook.com), laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino e abilitato alla professione forense. Derossi vive in Grecia dal giugno 2019, dove ha lavorato con diverse ONG impegnate sul campo nell’assistenza legale dei richiedenti asilo nonché per l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO). Ha visitato i campi profughi di Samo, Chio e Lesbo, e attualmente risiede a Lesbo. Intende rivolgersi «soprattutto a chi, pur non lavorando nel settore, è cittadino accorto e impegnato a informarsi: costui contribuisce a mantenere intatto il sogno della democrazia».

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