È stato presentato a Torino il dossier Diritto d’asilo – Report 2017 della Fondazione Migrantes, con un focus di approfondimento sui minori stranieri non accompagnati. La tavola rotonda sulle sfide e i fallimenti del “sistema” d’asilo in Europa e in Italia, alcune esperienze. E, on line su Viedifuga.org, i dati chiave del rapporto, le sue proposte “per uscire dall’impasse in Europa e in Italia”, la Presentazione e le Conclusioni.
«Siamo tutti chiamati in questo tempo a capire situazioni complesse e a mantenere la capacità di fare spazio alle persone più fragili e in difficoltà, contrastando la mala-informazione e il ricorso alle scorciatoie delle chiusure e dei muri». Situazioni complesse, capacità di fare spazio, muri e chiusure: parole di mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ma anche altrettante parole chiave per Il diritto d’asilo – Report 2017. Minori rifugiati vulnerabili e senza voce, il rapporto della Fondazione Migrantes presentato giovedì 16 a Torino in un breve, serrato convegno (per l’intervento di mons. Nosiglia alla presentazione, i dati principali, le proposte e alcuni materiali della pubblicazione vedi qui sotto negli Allegati).
Dopo l’intervento-saluto introduttivo di Nosiglia e quello dell’assessore della Regione Piemonte con delega all’Immigrazione Monica Cerutti, si è svolta una tavola rotonda sul tema “Il diritto d’asilo: le sfide in Europa e in Italia” con alcuni co-autori del nuovo rapporto della Migrantes.
Non accompagnati, verso una legislazione “speciale”?
Di minori stranieri non accompagnati (MSNA) ha parlato Elena Rozzi, esperta dei diritti dei minori migranti. In base alla Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a questi ragazzi vanno garantiti tutti i diritti dei coetanei italiani, nel principio generale del superiore interesse del minore.
La legge italiana offre ampie tutele, ma gli ultimi due anni, come Rozzi documenta nel focus “In primo luogo minori?” per il rapporto Il diritto d’asilo, in aggiunta a vecchie carenze hanno visto «modifiche normative e indirizzi politici che hanno progressivamente eroso questo quadro di tutele».
Alla tavola rotonda di Torino l’autrice ha elencato le pratiche di dubbia identificazione della minore età, l’illecita accoglienza promiscua in strutture per adulti (e negli hotspot!), le stesse condizioni di accoglienza spesso precarie, un’accoglienza oggi possibile anche in strutture fino a 50 posti (il quintuplo di quanto è ammesso per i coetanei italiani fuori famiglia) e il perdurante rischio di abbandono al compimento dei 18 anni. Il tutto, «nella direzione di una sorta di “legislazione speciale”» per i MSNA, considerati sempre più come “stranieri” piuttosto che “minori”.
Fallimenti di oggi, e di domani
Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e presidente dell’ICS (Consorzio italiano di solidarietà di Trieste) ha descritto il fallimento dell’attuale “sistema” europeo d’asilo, ma anche le sue «non entusiasmanti» prospettive di “riforma”: «L’impianto di fondo non cambierà». Quando invece diritti e buonsenso dovrebbero far prevalere un principio che ad oggi rimane inconcepibile: nel territorio di un’Europa veramente unita «si dovrebbe poter chiedere asilo ovunque ci si trovi, entrando poi in meccanismi di distribuzione che tengano conto delle esigenze e dei progetti migratori dei richiedenti».
Maurizio Veglio, avvocato e docente all’International University College di Torino, ha approfondito le storture dell’“approccio hotspot” (ha creato luoghi senza legittimità giuridica e normati solo da un documento ministeriale di Procedure operative standard); del “sistema CIE” come dei “nuovi” centri di permanenza per il rimpatrio previsti dal nuovo decreto immigrazione del governo («mortificano la dignità delle persone, rinchiudono in base a violazioni amministrative, sono luoghi di costrizione e di conflitto, costano molto, troppo, e rendono poco in termini di espulsioni effettive: sono una strada morta»); e degli accordi per il rimpatrio di migranti sottoscritti con Paesi particolarmente a rischio sotto il profilo del rispetto dei diritti umani (Egitto, Libia, Turchia, Sudan) e concepiti «nella forma di accordi di polizia e di memorandum per evitare l’obbligo di ratifica del Parlamento».
In prospettiva italiana anche l’intervento di Chiara Marchetti, docente di Sociologia delle relazioni interculturali all’Università di Milano, che si è concentrata sul traguardo ancora irrealizzato di un “sistema unico” di accoglienza «fra prospettive e analisi del reale».
«Certo – ha affermato Marchetti – il “sistema unico” a cui bisognerà arrivare è quello dello SPRAR. Ma intanto anche i gestori dei CAS (i Centri di accoglienza straordinaria, ndr) e gli enti locali dovrebbero sentirsi chiamati ad auto-imporsi quegli standard. Ancora, certamente i sei mesi di accoglienza nello SPRAR dopo il riconoscimento della protezione sono pochi. Ma almeno questi sei mesi dovrebbero valere anche nei CAS, e anche per le Prefetture… E infine, i territori devono offrire una continuità nei percorsi di inserimento: non possiamo nasconderci dietro al fatto che “tanto i rifugiati se ne vogliono andare nel Nord Europa” per lasciare il vuoto attorno a chi esce dall’accoglienza. I diritti devono essere garantiti, e qui il ruolo degli enti locali è importante».
(segue nella prossima news)
Allegati
Il diritto d’asilo – Report 2017, l’Indice e la Presentazione (file .pdf)
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