di Celeste Ansaldi Che impatto ha la legislazione europea vigente nell’ambito dell’asilo politico su chi ne fa richiesta? Molto frequentemente si sente parlare del Regolamento di Dublino II, ma non ci si sofferma abbastanza a pensare alle implicazioni pratiche di un procedimento lacunoso e non sempre efficiente. Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati ha provato a rispondere a questo interrogativo, dando voce a 257 richiedenti asilo e rifugiati di 9 Paesi europei. Il risultato di questo lavoro di ricerca è stato pubblicato nel rapporto “Protection interrupted. The Dublin Regulation’s Impact on Asylum Seekers’ Protection”. Questo contatto diretto con chi si trova ogni giorno a dover fare i conti con il Regolamento di Dublino ci porta a comprendere più da vicino tutte le mancanze di un sistema che ostacola la protezione invece di favorirla. Lo studio, finanziato dal Fondo Europeo per i Rifugiati, è composto di una parte introduttiva generale in cui si tratta il tema del Regolamento, dei suoi pro e dei suoi contro anche attraverso la citazione diretta di estratti delle interviste svolte. In seguito, si sofferma su nove Paesi dell’Unione Europea, analizzandone la rete di protezione, i progetti di assistenza, i rimpatri e le detenzioni.
Evitare Italia, Grecia e Malta
Per quanto vi siano differenze sostanziali nel modo in cui viene affrontato il tema dei rifugiati, nessuno Stato è immune da difetti e mancanze. L’Italia, però, sembra avere, anche questa volta, il primato dell’inefficienza, accompagnata dalla Grecia e da Malta. Dal rapporto si evince che l’Italia rimane uno dei Paesi da cui si cerca di scappare a causa della mancanza di assistenza capillare sul territorio che costringe molti rifugiati a vivere per strada, da indigenti. Molte delle persone intervistate in Italia (sono circa 30, ma molti sono anche coloro intervistati altrove che rischiano di essere riportati in Italia, in quanto considerato Paese competente ad esaminare le loro domande) non sentono alcuna relazione con il Paese che li ospita e che li costringe a perdere la loro dignità di uomini. Un ragazzo di ventuno anni, afghano, sostiene che la situazione che ha vissuto in Italia non è tanto diversa da quella vissuta in Afghanistan. Inoltre, alla domanda se avessero consigli da dare ad altri migranti, molti hanno risposto che è molto importante scegliere bene il primo Paese in cui si arriva, e di evitare Stati come l’Italia.
Informazioni insufficienti
Ciò che viene criticato della rete di accoglienza dei rifugiati in Italia è la difficoltà nel reperire informazioni sulle procedure legate al Regolamento. Questo accade perché l’unità di Dublino in Italia ha un solo ufficio, competente per tutte le domande dello stato, che non ha un contatto diretto con i richiedenti asilo. Per parlare con l’Unità è necessario rivolgersi a intermediari, come le associazioni locali o le organizzazioni non governative. I dati relativi al Regolamento sono scaricabili da internet, ma non sono abbastanza dettagliati. La Questura dovrebbe essere l’ufficio incaricato a fornire informazioni su Dublino, ma non ha uno sportello apposito. Perciò i richiedenti non sono adeguatamente informati durante le procedure, e molti hanno informazioni su “Dublino II” solo dopo aver presentato domanda di asilo, quando ormai è troppo tardi. La maggioranza sostiene di aver ricevuto le poche informazioni sull’iter da seguire da mediatori culturali e associazioni, che colmano il vuoto statale, e non dalle autorità competenti. E’ rivolta una critica anche allo SPRAR, il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, che ha solo 3000 posti in tutta Italia ed è perciò inadatto a rispondere agli attuali bisogni del Paese. Infine, è trattato il tema dell’assistenza linguistica, carente o addirittura inesistente. Alcuni non sono riusciti ad ottenere informazioni nella loro lingua madre o in una lingua che fosse loro comprensibile ed hanno ricevuto solo comunicazioni orali, senza nulla di scritto.
Raccomandazioni e consigli
Le raccomandazioni all’Italia sono semplici: garantire l’unità familiare, stabilizzare e integrare il sistema di accoglienza in modo che possa far fronte ai bisogni primari dei richiedenti asilo, cercare di rimuovere gli ostacoli burocratici, rendere più trasparenti le informazioni con sportelli diretti e non delegare tutto alle associazioni locali o alle ONG. A livello generale si evince che la maggioranza dei 257 intervistati considera negativamente il Regolamento di Dublino, perché ha tolto loro la dignità, la libertà di scegliere dove andare e la speranza nel futuro. Lo considerano un modo per tenere fuori dai confini europei i rifugiati, una guerra vera e propria contro i migranti. Ha, inoltre, un impatto negativo sui rapporti familiari, divide e non ricongiunge. Le critiche al Regolamento di Dublino erano già note, ma questo Rapporto mette in rilievo l’esperienza di queste persone che vivono in prima persona questa situazione. Alle porte c’è il cosiddetto “Dublino III” che però, secondo le anticipazioni, non pare andare incontro alle esigenze di rifugiati e richiedenti asilo.
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