C. Ripamonti, C. Tintori, La trappola del virus. Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia, Edizioni Terra Santa, Roma, 2021
Sul confine di inizio della (così battezzata) terza ondata esce un testo di Camillo Ripamonti, medico e gesuita, presidente del Centro Astalli. Ripamonti entra in dialogo con la politologa Chiara Tintori per raccontare come la pandemia sia stata una vera e propria trappola per le persone che vivono ai margini, per gli invisibili, come i rifugiati e senza fissa dimora.
Riflettendo su come i senza dimora, i rifugiati, i migranti stanno vivendo la pandemia e il lock down gli autori delineano un quadro di mancanza di inclusione nelle misure di sicurezza sanitaria e una situazione di fatto in cui, nemmeno i diritti inviolabili dell’uomo, sanciti anche dalla nostra Costituzione, hanno ancora trovato una tutela adeguata.
Nell’introduzione gli autori dichiarano: «Siamo tutti sulla stessa barca”. Lo abbiamo ascoltato da papa Francesco il 27 marzo 2020, nel pieno silenzio della pandemia. E poi ce lo siamo ripetuti mille altre volte: o ci salviamo tutti insieme, o periamo tutti insieme. La percezione della comune sorte, in quanto esseri umani, si è ben presto infranta contro la scottante realtà. Il coronavirus non ci ha trovato tutti uguali e non ci ha resi tali. Sarà che le “barche” non sono uguali per tutti, oppure che sulla stessa imbarcazione dell’umanità abbiamo alimentato diseguaglianze che rendono il destino comune quasi un’illusione, tant’è che per le persone che vivono ai margini, per gli invisibili, la pandemia è stata una vera e propria trappola».
Da qui il titolo del testo “La trappola del virus. Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia” con l’augurio che la lettura contribuisca a far «sollevare lo sguardo impaurito e guardare oltre se stessi incontrando così il volto del povero, riconoscendo in lui tratti familiari». Tutti devono essere inclusi nella tutela socio-sanitaria perché «Liberarsi dalla trappola del virus è rammendare relazioni sfilacciate, è recuperare quella fiducia reciproca che sola può alimentare l’amicizia sociale»
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