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L’estate sta finendo…: Libia e sbarchi, l’eredità di tre mesi

Abbiamo rischiato di perdercelo, in queste settimane, ma ce l’hanno ricordato almeno in due: il problema dell’immigrazione in Italia è già stato «risolto» («lo ha risolto il mio governo», ha detto l’ex premier Paolo Gentiloni) o, più modestamente, è oggi affrontato con politiche finalmente «efficaci» (parola del vicepremier Matteo Salvini): sul tappeto, infatti, rimangono solo alcuni dettagli “secondari” che proviamo a inventariare nelle righe che seguono, dall’escalation della mortalità in mare (tutt’altro che una fatalità ineluttabile) al peggioramento negli ultimi giorni della già agghiacciante situazione umanitaria in Libia, al binario morto su cui è finita la riforma del regolamento “Dublino”.

(Foto Garante persone detenute, 2018).

 

“L’emergenza sbarchi… è essenzialmente politica: risponde all’esigenza di mostrare all’opinione pubblica che il governo onora l’impegno elettorale di chiudere le frontiere. La consueta confusione tra immigrati e rifugiati consente di far credere agli italiani, media compresi, di ‘aver fermato l’immigrazione'”  (M. Ambrosini su Lavoce.info, agosto 2018).

Dopo settimane di indiscrezioni stampa, da venerdì 7 è certo: Matteo Salvini, ministro dell’interno oltre che vicepresidente del Consiglio, è indagato dalla Procura di Palermo per sequestro di persona aggravato circa la vicenda agostana della nave Diciotti (v. la nostra scheda-news sulle gravi vicende marittime e umanitarie dell’estate che sta per finire).

Vicenda Diciotti & diritti umani, il Garante: “Italia a rischio di condanne”

Già nei giorni della “vicenda Diciotti” un’autorità della Repubblica, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale, dopo la visita di una propria delegazione a bordo del pattugliatore della Guardia costiera, il 23 agosto, avvertiva pubblicamente e ufficialmente che a bordo si viveva una  situazione «molto critica rispetto alla tutela dei diritti fondamentali delle persone migranti coinvolte e che può esporre il Paese al rischio di condanne in sede internazionale». In particolare il Garante denunciava «la privazione della libertà de facto dei migranti… Tale incongrua situazione di una nave italiana in acque italiane ha posto sin dall’inizio il problema della legittimità ai sensi dell’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 13 della Costituzione italiana». Ma l’Autorità garante per i detenuti segnalava anche la precaria situazione sanitaria e di accoglienza a bordo della nave.

Migranti sbarcati in Italia ad agosto, 1.455. L’anno scorso erano stati più di 3.900 e nel 2016 oltre 21 mila. Da gennaio ad agosto 2018, 20.001 persone in tutto, l’80% in meno rispetto allo stesso periodo del ’17 e l’83% in meno rispetto allo stesso periodo del ’16. Dati notissimi, fonte il Viminale. Un po’ meno noti quelli sui migranti in accoglienza: 155.619 in tutto in Paese alla fine di agosto fra CAS, SPRAR e centri di prima accoglienza. La cifra è in calo ormai da un anno. Si trattava di 184 mila persone alla fine del ’17 e di 191 mila due mesi prima, a ottobre. Intanto, nel Mediterraneo centrale si muore sempre di meno, anzi sempre di più. Sono 1.113 i morti e i dispersi stimati dall’UNHCR fra gennaio e agosto 2018 nel Mediterraneo centrale. Meno della metà rispetto allo stesso periodo 2017, considerato il crollo degli arrivi. Ma la loro incidenza rispetto ai migranti che ce l’hanno fatta a sbarcare sulle coste italiane è più che raddoppiata: un morto o disperso ogni 18 sbarcati fra gennaio e agosto di quest’anno, contro un rapporto di uno a 42 nel 2017 e di uno a 40 nel 2016.

Canale di Sicilia: escalation mortalità, ecco le cause

«Un fattore determinante nell’aumento del tasso di mortalità (sulla rotta che parte dalla Libia, ndr) è costituito dalla riduzione della capacità di ricerca e soccorso al largo delle coste libiche rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nei primi sette mesi del 2017, le ONG sono state gli attori principali intervenuti al largo delle coste libiche. In questo periodo, otto ONG hanno soccorso quasi 39.000 rifugiati e migranti. La presenza di navi, sia di ONG sia di altri attori, operative in acque internazionali più vicine alle acque territoriali libiche di quanto accada oggi era inoltre essenziale per intercettare imbarcazioni bisognose di soccorso. Al contrario, nei primi sette mesi del 2018 la Guardia costiera libica è divenuta l’attore principale ad intervenire al largo delle coste libiche, a volte spingendosi addirittura ad oltre 70 miglia dalla costa, impegnando nella maggior parte dei casi due pattugliatori. Il numero di ONG operanti con continuità al largo delle coste è stato ridotto a due: ciò significa una capacità più ridotta di intercettare e soccorrere imbarcazioni in difficoltà. Di conseguenza le operazioni di soccorso (così come le intercettazioni) si sono svolte sempre più lontano dalla costa nei primi sette mesi del 2018, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’impatto di tale cambiamento ha comportato che rifugiati e migranti viaggino su imbarcazioni sovraffollate e insicure con traversate di maggiore durata e lungo rotte più lunghe prima di poter essere avvistati e soccorsi (o intercettati)» (UNHCR, rapporto Viaggi disperati, agosto 2018).

E intanto, aumentano i migranti e i potenziali richiedenti asilo intercettati dalla Guardia costiera di Tripoli (la cui autoproclamata SAR, regione di “ricerca e soccorso” in mare, è stata confermata a livello internazionale nello scorso giugno): sono 18.400 quelli intercettati fra agosto ’17 e luglio ’18, contro i 13.300 nello stesso periodo ’16-’17 (+38%, dati UNHCR).

Cliccare per ingrandire: i centri di detenzione per migranti e rifugiati in Libia al luglio 2018 (fonte OIM).

L’Alto Commissariato ONU per i rifugiati stima che almeno fino alla metà di agosto lo squallido “sistema” dei centri di detenzione libici per migranti e rifugiati rinchiudesse circa 8.000 persone. La loro situazione è nota a tutti. A luglio (dati OIM) i centri operativi erano 20, ai quali bisogna aggiungerne una decina di non operativi (ma non ufficialmente chiusi) e uno in restauro.

Ad agosto, proprio nei giorni dell’affaire Diciotti, era stato proprio l’UNHCR e non una ONG “partigiana” qualsiasi a denunciare «il peggioramento delle condizioni dei rifugiati e richiedenti asilo detenuti in Libia. La situazione è ulteriormente aggravata dalle limitate prospettive di soluzioni alla loro situazione. Nelle scorse settimane, l’UNHCR ha assistito a un grave peggioramento delle condizioni nei centri di detenzione a causa del crescente sovraffollamento e della mancanza di standard minimi di condizioni di vita. Di conseguenza sono in corso tumulti e scioperi della fame da parte di rifugiati all’interno di centri di detenzione, che chiedono una soluzione alle loro squallide condizioni di vita».

8 settembre 2018: scontri di Tripoli e migranti, le ultime

«A Tripoli la situazione dei rifugiati e dei migranti che vivono nelle aree urbane o che sono detenuti si è drasticamente deteriorata nelle ultime settimane a causa dei pesanti scontri nella capitale libica. L’UNHCR ha ricevuto segnalazioni di atrocità indicibili commesse contro i rifugiati e i richiedenti asilo nelle strade di Tripoli, tra cui stupri, rapimenti e torture. Una donna ha detto all’UNHCR che criminali sconosciuti hanno rapito suo marito, l’hanno violentata e hanno torturato suo figlio di un anno. La donna ha detto che il bambino è stato denudato e molestato sessualmente dai criminali. Molti rifugiati erano detenuti in aree vicine agli scontri e a rischio di essere colpiti dai razzi. Migliaia sono fuggiti dai centri di detenzione, in un disperato tentativo di salvare le loro vite» (da un comunicato UNHCR, 8 settembre 2018).

L’Europa “unita” che non sembra più capace di mettere in campo nuove iniziative condivise d’accoglienza di fronte al persistente fenomeno delle migrazioni forzate ai suoi confini meridionali, le più fragili, si è data il prossimo appuntamento al vertice informale dei capi di Stato e di governo del 20 settembre a Salisburgo.

“Remember Dublin…”, un promemoria per Salisburgo

«L’unica strada per una gestione comune degli arrivi (le migrazioni “miste” nel Mediterraneo, ndr) è quella della riforma del regolamento Dublino così come approvata dal Parlamento europeo nel novembre 2017. Riforma che giace al Consiglio, dove non è ancora stata definita una posizione comune tra i Governi soprattutto per l’opposizione di quegli stessi Paesi (quelli del “Gruppo di Visegrad”, ndr) con i quali il Ministro dell’Interno e l‘intero governo vorrebbero ora fare cartello comune» (ASGI, agosto 2018).

Allegati

“Cooperazione” con la Libia, porti chiusi e guerra alle ONG: i costi umani in mare: Europe, dead and missing at sea (UNHCR, settembre 2018)

Per uno sguardo su tutto il Mediterraneo, il rapporto Viaggi disperati. Rifugiati e migranti in arrivo in Europa e alle sue frontiere (UNHCR, agosto 2018)

Collegamenti

“Ultima ora”, il comunicato UNHCR dell’8 settembre

L’ultimo rapporto ONU sulla Libia (agosto 2018)

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