Secondo gli organismi che si sono uniti nell’iniziativa PRAB (Protecting Rights at Borders), è urgente un meccanismo di monitoraggio indipendente sulle violazioni dei diritti alle frontiere. Fra i respingimenti registrati anche 176 casi di “respingimento a catena” attraverso più Paesi.
Tra gennaio e aprile di questo 2021 una rete di organizzazioni della società civile ha raccolto in sei Paesi europei testimonianze su 2.162 casi di persone respinte illegalmente. Nel totale si contano fra l’altro 176 respingimenti “a catena” attraverso più Paesi. Quasi un terzo dei respingimenti sono stati accompagnati dal rifiuto di accesso alla procedura di asilo, uno su quattro da violenze fisiche e più di uno su quattro dal furto, dall’estorsione o dalla distruzione di effetti personali per mano delle forze di polizia.
La rete è l’iniziativa PRAB (Protecting Rights at Borders), che ha denunciato questi abusi nel rapporto Pushing Back Responsibility. Rights Violations as a “Welcome Treatment” at Europe’s borders (“Responsabilità respinte: violazioni dei diritti umani come ‘trattamento di benvenuto’ alle frontiere europee“).
I respingimenti (pushback) sono stati registrati in Italia, Grecia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Ungheria. Ma si tratta solo della punta di un iceberg, avverte il rapporto, «perché è probabile che i respingimenti illegali e queste violazioni dei diritti avvengano in realtà con frequenza maggiore, spesso senza essere rilevati».
Un’ottima cooperazione
Le testimonianze raccolte sembrano indicare, tra diversi Stati membri dell’UE, pratiche di cooperazione che hanno l’obiettivo di aggirare le responsabilità umanitarie e legali e sospingere gruppi di persone indesiderate al di fuori dei confini dell’Unione.
«Inutile dire che queste pratiche devono cessare – si legge ancora in Pushing Back Responsibilities –. Gli Stati dovrebbero rispettare il diritto internazionale, senza far uso della violenza come deterrente o, di fatto, come una componente delle loro politiche di frontiera».
Così, sottolinea la PRAB Initiative, è sempre più «necessario un meccanismo indipendente di monitoraggio dei confini di Stato per tenere sotto controllo le violazioni dei diritti e perché si indaghi realmente sulle prove presentate dalle organizzazioni della società civile. La violenza deve finire e i suoi autori devono essere chiamati a risponderne».
La PRAB Initiative è composta dal Danish Refugee Council, dall’ASGI, dalla Diaconia valdese, dall’Hungarian Helsinki Committee, dall’Humanitarian Center for Integration and Tolerance (attivo in Serbia), dalla Macedonian Young Lawyers Association e dal Consiglio greco per i rifugiati.
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