Le associazioni del Tavolo nazionale asilo chiederanno oggi al governo Conte II di non rinnovare il memorandum Italia-Libia firmato dal governo Gentiloni nel 2017.
Più di 38 mila rifugiati e migranti intercettati dalla Guardia costiera “libica” e riportati (deportati) in Libia dal 2017 ad oggi. Mentre si stimano a 4.500 quelli rinchiusi ad oggi nei soli centri di detenzione (lager) ufficiali in territorio libico.
Sono solo due delle cifre che riassumono i “risultati” del memorandum Italia Libia sottoscritto dal governo Gentiloni nel ’17 e che viaggia verso un tacito rinnovo (mentre il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico presieduto da Fayez al-Sarraj, il principale interlocutore di Roma nella Libia in guerra civile, decreta un ulteriore giro di vite sull’attività di search and rescue delle ONG).
Oggi a Roma le associazioni del Tavolo nazionale asilo, formato dalle maggiori organizzazioni che si occupano dei diritti dei migranti, presenteranno una lettera aperta al governo Conte II, chiedendogli di non rinnovare il Memorandum.
«Il 2 novembre, se il governo italiano non interverrà per annullarlo, verrà automaticamente rinnovato il Memorandum con la Libia, cioè quegli accordi, lautamente finanziati, che prevedono anche l’intervento della Guardia costiera libica per fermare e riportare sulla terraferma i migranti imbarcati che tentano di raggiungere le nostre coste – ricordano le associazioni del Tavolo nazionale -. L’orrore dei lager in cui vengono rinchiusi i migranti intercettati è stato ormai ampiamente documentato: torture, violenze, stupri e altre vessazioni finalizzate a calpestarne li diritti e la dignità di esseri umani».
Mentre un’escalation di norme anti-sbarchi, fra cui la «guerra alle ONG», ha comportato un aumento esponenziale dell’incidenza di morti e dispersi nel Mediterraneo centrale, la rotta più pericolosa al mondo per i migranti in fuga.
A una conferenza stampa indetta per la tarda mattinata dal Tavolo nazionale, parteciperà tra gli altri il giornalista di Avvenire Nello Scavo, oggi sotto scorta per le minacce ricevute a seguito delle sue inchieste sui “guardacoste”-trafficanti di esseri umani libici e della rivelazione della venuta in Italia due anni fa di Abd al-Rahman al-Milad “Bija”, forse il più potente fra loro, e dei suoi incontri con le autorità italiane.
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