La disastrosa situazione umanitaria dei rifugiati, migranti e sfollati interni in Libia, il Paese al centro delle iniziative diplomatiche italiane che mirano a contenere sulle sue coste e sui suoi confini meridionali la “rotta” migratoria verso il Canale di Sicilia (vedi i risultati del vertice di ieri del ministro dell’Interno Minniti con i colleghi di Libia, Niger e Ciad e la nostra news precedente). Le testimonianze raccolte dall’OIM sui “mercati di schiavi” del Sud.
Ieri, 21 maggio, l’alto commissario ONU per i rifugiati Filippo Grandi, in visita a Tripoli, ha incontrato rifugiati e migranti in alcuni dei principali centri di detenzione. Il suo commento: «Sono rimasto scioccato dalle condizioni in cui sono detenuti migranti e rifugiati».
Oggi nel Paese sono circa 300 mila i libici sfollati a causa della guerra civile. Ma in tutto, tra sfollati interni, cittadini vulnerabili, migranti, rifugiati, richiedenti asilo e misere “comunità ospitanti” sono oltre un milione e 300 mila le persone che hanno un urgente bisogno di assistenza umanitaria.
Venduto, comprato, rivenduto, ricomprato…
Intanto, cresce il dossier di orrori che gli staff dell’OIM in Libia e Niger stanno raccogliendo fra i rifugiati e migranti subsahariani che percorrono la “rotta libica” a rischio della vita: sequestri, violenze, violenze sessuali sulle donne, ricatti. E postmoderni “mercati di schiavi” di cui fanno le spese centinaia di giovani africani.
Come “S.C.”, un giovane del Senegal che, arrivato allo snodo migratorio di Agadez, in Niger, ha pagato l’equivalente di 320 dollari per passare in Libia su un pick-up.
Due giorni di viaggio, una volta tanto senza gravi incidenti (l’OIM ha già ascoltato numerose testimonianze su migranti abbandonati dopo essere caduti da un camion o assaliti da banditi lungo il percorso). Ma a Sebha, nella Libia sudoccidentale, il ragazzo senegalese è accusato dal conducente del pick-up di non aver pagato il trafficante, e viene portato con i compagni di viaggio in un’area di parcheggio adibita a una sorta di “mercato degli schiavi”.
«In quel luogo migranti subsahariani erano venduti e comprati da libici, con il supporto di ghanesi e nigeriani che lavoravano per loro», denuncia lo staff OIM Niger.
Anche S.C. viene “comprato” e «viene trasferito nella sua prima prigione, una casa privata dove oltre 100 migranti erano tenuti in ostaggio. Là i rapitori costringevano i migranti a chiamare le loro famiglie a casa, e spesso li picchiavano durante la telefonata».
A S.C. chiedono un riscatto di 300 mila franchi CFA, circa 480 dollari, che però non possiede. È così “venduto” e “comprato” da un altro libico, che lo porta in un’altra abitazione. Questa volta il riscatto richiesto è di 600 mila CFA, 970 dollari: i suoi devono pagarli tramite Western Union o Money Gram a un personaggio che opera in Ghana.
Questa volta si torna a casa
Ancora l’OIM: «S.C. è riuscito a raccogliere qualche soldo grazie alla famiglia e ha lavorato come interprete per i rapitori, così da evitare altre torture. Le condizioni sanitarie erano spaventose e il cibo veniva distribuito solo una volta al giorno. Alcuni migranti che non erano in grado di pagare erano uccisi o lasciati morire di fame. S.C. ha riferito che quando qualcuno moriva o veniva rilasciato, i rapitori tornavano al mercato per “comprare” altri migranti. Anche le donne erano comprate da uomini che sembravano cittadini libici e portate in abitazioni dove erano costrette a diventare schiave sessuali».
Dopo mesi di prigionia, S.C., sconfitto nel suo progetto migratorio, è riuscito a fare ritorno in Niger. Nel mese scorso, ad aprile, ha accettato di tornare in Senegal.
«Ho parlato con molti migranti di queste storie che raccogliamo nei centri di transito di Agadez e Niamey, dove i migranti passano di ritorno dalla Libia – ha riferito un funzionario dell’OIM Niger –. Tutti confermano il rischio di essere venduti come schiavi in piazze o in altri luoghi a Sebha, sia dai conducenti dei pick-up, sia da persone del luogo che dapprima assumono i migranti per lavoretti giornalieri e poi, invece di pagarli, li vendono a nuovi compratori. Alcuni migranti, in particolar modo nigeriani, ghanesi e gambiani, sono costretti a lavorare per i rapitori come guardie delle case di detenzione o negli stessi “mercati”».
Testimonianze analoghe sono state raccolte dai funzionari dello staff OIM in Libia.
Leggi anche su Vie di fuga
Libia, diritto d’asilo cercasi, smarrito fra Roma e Bruxelles (passando per Tripoli)
Collegamenti
Migranti venduti come schiavi in Libia: le testimonianze raccolte dall’OIM (OIM, aprile 2017)
Ancora nessun commento, aggiungi il tuo qui sotto!