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MARE NOSTRUM: missione umanitaria o operazione militare?

Le frontiere degli stati membri dell’Unione Europea sono ogni giorno più inaccessibili per coloro che scappano da zone di guerra alla ricerca di un rifugio sicuro. Troppo spesso la protezione dei territori viene organizzata a scapito dei diritti umani, con costi esorbitanti e pochi risultati concreti.

Da ricordare

Il controllo pressante dei flussi migratori inizia nel 2005, anno della nascita dell’agenzia europea Frontex (Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea), creata per favorire la cooperazione tra gli Stati nella gestione delle frontiere esterne, attraverso aiuti finanziari e accordi con paesi terzi, in collaborazione con l’agenzia anticrimine Europol. Il lavoro svolto da tale organo rimane spesso poco trasparente, sia per quanto riguarda la complicità con i paesi da cui partono normalmente i flussi, sia per le dubbie regolamentazioni interne applicate in caso di violazioni da parte del personale dell’agenzia.

Con il pretesto di una presunta crescita del numero di migranti dirottati sulle coste europee, l’agenzia Frontex ha aumentato esponenzialmente i propri finanziamenti nel corso degli anni: si passa dai 19.1 milioni nel 2006 agli 84,9 del 2012 (dati del rapporto Costi disumani-La spesa pubblica per il contrasto all’immigrazione irregolare di Lunaria).

Come evidenzia Luca Rastello nel suo libro “La frontiera addosso”, il rapporto tra il numero di migranti effettivamente intercettati e respinti alle frontiere per merito delle operazioni di Frontex è a dir poco sproporzionato. Si parla di migliaia di euro a migrante. E aggiunge: “Se si calcola che il budget massimo per un rifugiato accolto nei servizi Sprar italiani è di 30 euro al giorno per sei mesi, 5.400 euro al massimo in complesso, anche senza calcolare gli incentivi che possono venire dall’Europa, ci si può fare un’idea della sproporzione fra i costi della repressione e quelli dell’accoglienza”.

La nave San Marco

E ora…

Il discorso potrebbe essere facilmente esteso anche alla nuova campagna iniziata ad ottobre del 2013, Mare Nostrum. Il governo italiano ha infatti inasprito i propri controlli a seguito del tragico naufragio avvenuto il 3 ottobre poco lontano dalle spiagge di Lampedusa, dove hanno perso la vita più di 300 persone. Con il pretesto di disincentivare il traffico illegale di uomini gestito dai cosiddetti “trafficanti di morte”, sono stati stanziati milioni di euro per l’acquisto di costose e sofisticate attrezzature di monitoraggio. Un tale massiccio impiego di risorse monetarie e umane non si spiegherebbe se la reale intenzione delle forze governative fosse solo quella di soccorrere i migranti in pericolo. Probabilmente, lo scopo principale rimane quello di respingere chi cerca aiuto, attraverso vere e proprie azioni militari. La nave San Marco, il fiore all’occhiello della nuova missione, ospita rappresentanti degli organismi internazionali, che dovrebbero identificare i migranti e decidere la loro destinazione. Tuttavia, visti i difficili rapporti dell’Italia con gli altri stati costieri (Grecia e Malta) sulla questione immigrazione, l’ipotesi più probabile rimane quella di scortare che viene intercettato verso le coste libiche.

I costi

Una ricerca condotta dal quotidiano “Il Sole 24 ore” ha enumerato dettagliatamente le risorse impegnate nella campagna Mare Nostrum, ipotizzando anche i costi del personale impiegato e dei carburanti per le navi e gli aerei. Si ipotizza una spesa totale di circa 10 milioni di euro al mese (leggi l’articolo qui). Per conoscere gli effettivi risultati delle operazioni sarà necessario attendere ancora qualche mese, vista la mancanza di rapporti e dati ufficiali, ma possiamo già prevedere i pericoli di sperpero di denaro pubblico inutilmente, di nuovo a scapito dei diritti umani.

 

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