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Nella Piana dei braccianti rifugiati, tra sfruttamento e COVID-19. MEDU: “Di giorno in giorno nuove baracche… Dichiariamo l’ennesimo fallimento o avviamo finalmente un nuovo corso?”

Sono giovani (età media 30 anni) e perlopiù richiedenti asilo e rifugiati fuggiti dall’Africa subsahariana i braccianti stranieri impiegati nella raccolta di agrumi nella Piana di Gioia Tauro. Solo poco più della metà hanno un contratto di lavoro e solo uno su otto riceve una busta paga in regola. La denuncia della clinica mobile di MEDU: nella crescente precarietà delle condizioni socio-abitative e di salute il COVID-19 ha trovato terreno fertile. «Nuove baracche stanno sorgendo di giorno. È tempo di dichiarare un nuovo fallimento delle istituzioni e della politica o di dimostrare che un nuovo corso è possibile e necessario?».

(Foto MEDU).

 

Ancora una volta giovani uomini, perlopiù richiedenti asilo e rifugiati fuggiti dall’Africa subsahariana occidentale. Età media sui 30 anni. È il “ritratto” dei braccianti stranieri impiegati nella raccolta di agrumi nella Piana di Gioia Tauro che emerge dall’attività della clinica mobile di Medici per i diritti umani (MEDU), che, a ottobre, è tornata a operare nella Piana per il settimo anno consecutivo.

A 11 anni dalla rivolta di Rosarno, denuncia oggi MEDU, le condizioni di vita e di lavoro di questi lavoratori «appaiono quanto mai drammatiche, non solo per il persistere dei fenomeni di grave sfruttamento lavorativo, ma anche per la crescente precarietà delle condizioni socio-abitative e di salute», tra le quali il COVID-19 ha trovato terreno fertile: infatti. «La promiscuità abitativa e le pessime condizioni igienico-sanitarie hanno favorito una rapida diffusione del contagio».

Il team della clinica mobile di MEDU offre assistenza sanitaria e supporto legale a tutti color che vivono nella tendopoli ufficiale di San Ferdinando, nel campo container di Rosarno e nei casolari abbandonati nelle campagne dei comuni vicini. MEDU stima la presenza di 1.500 persone, in aumento nel l’ultimo mese.

Isolati in zona rossa

L’88% dei 100 pazienti visitati da MEDU nel primi mesi di intervento, da ottobre a dicembre, hanno un regolare permesso di soggiorno. Ma solo poco più della metà dei 54 pazienti che hanno dato informazioni sulla loro situazione lavorativa hanno un contratto, e solo uno su otto riceve una busta paga in regola.

In autunno sono stati isolati come zona rossa prima il campo container di Rosarno e poi la tendopoli di San Ferdinando, «ma con misure del tutto inefficaci, senza prevedere attività di sorveglianza epidemiologica dei casi positivi, né alberghi COVID o un’area dedicata all’isolamento».

Questo ha determinato crescenti tensioni tra i braccianti, che non potevano proteggere dignitosamente la propria salute ma neanche procurarsi i mezzi per vivere, non potendo né andare al lavoro né accedere agli ammortizzatori sociali.

«MEDU torna a ribadire l’urgenza di un’azione inter-istituzionale che restituisca dignità e legalità al territorio, ai lavoratori impiegati in agricoltura e all’intera popolazione – si legge in un breve report appena pubblicato dalla ONG -. Nuove baracche stanno sorgendo di giorno in giorno e, con ogni probabilità, come avvenuto più volte nel recente passato, una nuova e più estesa baraccopoli prenderà il posto della tendopoli ufficiale. È tempo di dichiarare un nuovo fallimento delle istituzioni e della politica o di dimostrare che un nuovo corso è possibile e necessario?».

 

 

 

 

 

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