Al centro del Piano, concordato nei giorni scorsi in Conferenza unificata, c’è la presa d’atto della necessità di un unico sistema di accoglienza su tre fasi/livelli: il soccorso, la prima accoglienza-“qualificazione” e la seconda accoglienza-integrazione.
Uscire dall’“emergenza” che, dall’inizio dell’anno, ha portato all’arrivo sulle nostre coste di oltre 72 mila migranti e potenziali richiedenti asilo: le istituzioni ci provano, almeno sulla carta, con il “Piano operativo nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari” concordato nei giorni scorsi da Governo (ministeri dell’Interno, Lavoro e politiche sociali, Economia e finanze), Regioni, Province autonome, Anci e Upi in sede di Conferenza unificata.
Al centro del Piano, triennale, c’è la presa d’atto della necessità di un unico sistema di accoglienza su tre fasi/livelli: 1) «di soccorso (Centri di primo soccorso e assistenza nelle regioni di sbarco o limitrofe)», 2) «di prima accoglienza e qualificazione (centri-hub regionali e 10 interregionali)», e 3) «di seconda accoglienza ed integrazione (Sistema Sprar)».
Inoltre, si legge nel documento, «lo Sprar è perno del sistema di accoglienza di secondo livello», e questo anche per tutti i minori stranieri non accompagnati: «Eventuali soluzioni attivate in via d’urgenza dovranno avere un ruolo residuale e comunque tendere ai requisiti del modello Sprar».
A proposito dei non accompagnati, il Cir riconosce con favore, nel Piano, «il principio che lo Stato – e non più i Comuni – abbiano la responsabilità finanziaria per la loro accoglienza».
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