La rete nazionale degli enti di tutela chiede che l’annunciato (e non ancora realizzato) ampliamento del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI) sia strutturale e non solo legato all'”emergenza Afghanistan”, perché altrimenti si creerebbe «un pericoloso e irragionevole regime di separazione da tutti gli altri rifugiati che pure hanno la medesima condizione giuridica».
«Europasilo esprime una forte preoccupazione in relazione alla possibilità che l’annunciato, e neppure ancora realizzato, ampliamento del sistema SAI non sia tale in realtà, ma sia temporalmente limitato a un anno, sia assai contenuto nei numeri (tanto da coprire di fatto solo le esigenze di accoglienza dei rifugiati afghani arrivati con il ponte aereo e non anche gli inevitabili prossimi arrivi) e preveda nuovi posti di accoglienza destinati solo ai rifugiati afghani, delineando un pericoloso e irragionevole regime di separazione da tutti gli altri rifugiati che pure hanno la medesima condizione giuridica».
Con un documento presentato oggi anche la rete Europasilo, composta da enti di tutela impegnati da anni all’interno dell’attuale Sistema di accoglienza e integrazione (il SAI, ex SPRAR/SIPROIMI), interviene sull’accoglienza in Italia in Europa dopo il disastro geopolitico e umanitario in Afghanistan.
La rete osserva prima di tutto che l’UE «non è stata ancora in grado di assumere scelte adeguate organizzando piani di reinsediamento dai Paesi terzi» tra cui i Paesi balcanici, nei quali sono bloccati tra l’altro numerosi rifugiati afghani, «né ha ancora adottato una concertazione ampia tra gli Stati dell’Unione per il rilascio di visti umanitari, pur previsti dall’art. 25 del Codice europeo dei visti, ai cittadini afghani che per la loro condizione politica, sociale, religiosa o per altre ragioni sono in situazioni di costante ed evidente pericolo e che non possono avere adeguata protezione nei Paesi in cui si trovano».
Quanto all’Italia, si afferma nel documento, ha soccorso e trasferito sul territorio nazionale varie migliaia di cittadini afgani, ma «ad oggi la modalità di accoglienza degli stessi appare ancora confusa e contraddistinta da un carattere di emergenzialità».
Le “Sette tesi”, un cammino da riprendere
Europasilo ribadisce ancora una volta che il modello di accoglienza più efficace nel nostro Paese è quello degli enti locali così come avviene all’interno della rete SAI e avanza due richieste.
La prima: «L’accoglienza avvenga all’interno del sistema SAI anche attraverso l’ampliamento della rete stessa tramite decreto ministeriale, ad oggi non ancora definito», mentre «risulta preoccupante quanto indicato in numerose circolari ministeriali dove, ancora una volta, viene attivato il sistema di accoglienza emergenziale guidato dalle singole Prefetture locali (cioè quello CAS)».
Nella seconda richiesta la rete delle realtà di accoglienza sottolinea come l’ampliamento della rete SAI debba essere strutturale, e non solo legato all’”emergenza Afghanistan”.
Europasilo, richiamando le “Sette tesi di riforma” del sistema di accoglienza presentate e discusse nel suo convegno nazionale di aprile, organizzerà nella prossime settimane alcuni momenti di confronto, ascolto e co-progettazione per arrivare a ulteriori proposte, «nella speranza di incontrare un’ampia condivisione tra gli attori già coinvolti nel sistema di accoglienza istituzionale e degli enti locali».
Allegato
Profughi afghani: riattivare subito il sistema SAI, il documento (file .pdf, 20 settembre 2021)
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