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A Ventimiglia, “quando il sole cala e l’insicurezza si fa più forte”

Caritas Intemelia, Diaconia valdese e WeWorld hanno aperto nel 2020 una casa di accoglienza nella cittadina ligure dove la Francia respinge 50-100 persone al giorno. Sono 2.300 quelle ospitate in due anni: dopo gli stenti del Mediterraneo o dei Balcani, desiderano solo ritrovare «la dignità di una vita normale senza essere più identificate come “profughi” o “migranti”».

 

(Foto Caritas Intemelia 2022).

 

“Che cosa accadrà ora che la Francia ha deciso di sospendere i ricollocamenti e di inasprire ancora i controlli alle frontiere? Quanti respingimenti ci saranno adesso? Le schermaglie diplomatiche tra Parigi e Roma hanno ben poco a che fare con le migrazioni e molto con il “sovranismo”, con la retorica dell’ordine e della sicurezza. Però a pagarla alla fine sono sempre loro, i migranti più fragili, quelli che hanno attraversato il deserto, le angherie della Libia o della rotta balcanica e magari arrivano fino ai valichi alpini: le ultime persone che potrebbero essere dei terroristi” (un volontario impegnato sulla “via del Nordovest” a Vie di fuga, novembre 2022).

 

Cinquanta, ottanta, cento al giorno. Secondo quanto riferito da Caritas Intemelia a Vie di fuga, sono i migranti che vengono respinti al confine di Ventimiglia dopo che la Francia ha deciso di inasprire i controlli di frontiera con l’Italia, sull’onda dell’ultima “crisi” Parigi-Roma. E tuttavia, almeno finora, le cose fra le Alpi e il mare non sono molto diverse da prima. Da quando Parigi, sette anni fa, ha deciso di ripristinare i controlli alle sue frontiere interne (nel senso di interne all’UE), aboliti dagli anni ’90 nello “spazio Schengen” di libera circolazione, e di rinnovarli fino a oggi, contro la normativa europea.

Christian Papini, direttore di Caritas Intemelia, una delle associazioni in prima linea sull’angolo estremo della “via del Nordovest“, così riassumeva la situazione in unintervista a un quotidiano due giorni fa: «Prima dell’11 giugno 2015 il problema non sussisteva, le persone arrivavano con l’ultimo treno della notte e la mattina ripartivano con il primo treno per andare in Francia. La cosa grave è che dalla Francia spesso rimandano indietro dei minori, cambiando l’età, e questo va contro lo stesso regolamento “Dublino”, e rimandano indietro i nuclei familiari. Anche perché poi le persone si affidano ai passeur, pagando fino a 300 euro a testa».

Un problema europeo

(Foto Caritas Intemelia 2022).

Ma ci sono anche responsabilità più a monte: «In tutto questo l’aspetto più grave è il regolamento di “Dublino”, perché lede alla radice l’autodeterminazione e il progetto migratorio delle persone. Che cosa direi al presidente Macron e alla premier Giorgia Meloni se li avessi davanti? A loro direi poco, dovrei dire tanto a Bruxelles. Quelle sono scaramucce: non si possono controllare le frontiere 24 ore su 24, le navi possono essere fermate e però alla fine le persone sbarcano… Il problema è europeo. Non è possibile che l’Europa non sia in grado di gestire un flusso migratorio».

Intanto la “militarizzazione” della frontiera franco-italiana, fra Ventimiglia e Mentone come in alta valle di Susa, ha causato tra i migranti, pronti a tutto pur di riuscire a passare, almeno 34 morti dal 2016. Travolti in strada o sui binari di una ferrovia ma anche folgorati sul tetto di treni, o annegati o assiderati, sul versante francese come su quello italiano. L’ultima vittima è un giovane afghano di 19 anni, colpito da due auto e trascinato da un TIR a Ventimiglia, il 7 novembre, appena una settimana fa.

“Facciamo quello che dovrebbe fare lo Stato”

Nella cittadina ligure Caritas Intemelia, Diaconia valdese e l’associazione WeWorld hanno aperto nel novembre 2020, dopo la chiusura “per coronavirus” del centro di accoglienza pubblico di Campo Roja, una casa di accoglienza per famiglie e donne sole in transito, dove in due anni hanno trovato ospitalità quasi 2.300 persone in fuga da 37 Paesi diversi.

Caritas, Diaconia e WeWorld hanno appena tirato le somme di questo primo biennio in un sintetico report. Fra i 2.278 ospiti totali della casa, si legge nel resoconto, «il 62% delle persone era originario dell’Africa subsahariana (soprattutto da Eritrea, Costa d’Avorio, Nigeria, Guinea ed Etiopia), arrivate dalla rotta mediterranea o già nel nostro Paese ma uscite dal sistema di accoglienza, oppure “dublinate” da altri paesi UE; il 12% proveniente dai Paesi del Nord Africa (Tunisia e Libia); il 24% dal Medio Oriente (principalmente da Afghanistan, Siria, Iran e Irak-Kurdistan) seguendo la rotta balcanica o quella del Mediterraneo orientale, e il 2% dal Centro-Sud America e dall’Europa». 

Ma dove va questo flusso discreto e insieme visibile, “irregolare” e però sotto gli occhi tutti? La Francia è la meta di arrivo preferita per i rifugiati e i migranti che provengono da Paesi francofoni, mentre gli altri puntano alla Germania, all’Inghilterra, al Nord Europa.

Chiosa Christian Papini, sempre nella sua intervista: «Il nostro ruolo è fare quello che dovrebbe fare lo Stato, cioè fare accoglienza, nel senso che a Ventimiglia non c’è un campo di transito. Le condizioni in cui arrivano i migranti? Sono pessime, spesso sono stremati, specialmente le persone che arrivano dalla rotta balcanica. Ma da noi possono dormire solo i nuclei familiari: gli altri dormono lungo il fiume, la tragedia nella tragedia…».

 

I VOLTI, LE STORIE/ “Specchi di una normalità perduta”

“In ogni piccolo racconto la necessità di ritrovare la dignità di una vita normale, di non essere più identificati come ‘profughi’, ‘migranti’, ma di tornare semplicemente a essere donne, uomini e bambini”.

(Foto Caritas Intemelia 2022).

Arrivano alla spicciolata durante tutto il giorno alla sede della Caritas Intemelia, ma anche nel tardo pomeriggio, quando il sole cala e l’insicurezza si fa più forte, o li ritroviamo la mattina davanti alla porta (dove a volte hanno passato la notte): sono intere famiglie, spesso provenienti da Paesi che ogni giorno sentiamo nominare al telegiornale: Afghanistan, Irak, Iran, Kurdistan, Siria, ma anche Eritrea, Costa D’Avorio, Nigeria, Tunisia, Libia… (e cinque famiglie scappate dall’Ucraina). Tanti bambini che dopo aver camminato per mesi lungo la rotta balcanica ritrovano finalmente un luogo sicuro, amico. Insegnanti, artigiani, interpreti o commercianti… In ogni piccolo racconto la necessità di ritrovare la dignità di una vita normale, di non essere più identificati come “profughi“, “migranti” ma di tornare semplicemente ad essere donne, uomini e bambini.

C’è chi ha affrontato la traversata del Mediterraneo, le violenze dei centri di detenzione libici, scappando da crisi politiche, emergenze economiche e climatiche e ha come unico desiderio quello di ritrovarsi nella propria comunità in Francia, in Belgio, in Germania, nel Regno Unito o in Scandinavia. Spesso i minori sono traumatizzati dal viaggio e ancora quest’anno numerosi sono stati i casi di portatori di handicap fisico o mentale, così come i casi di donne vittime di tratta.

Padri e madri di famiglie specchio di una normalità perduta: il parrucchiere iracheno che spera in un contratto in Germania, il camionista curdo che vuole riconvertire al più presto la sua patente, perché sa che in Europa c’è richiesta di persone che sappiano guidare mezzi pesanti, l‘impresario edile libanese che è riuscito a raccogliere gli ultimi risparmi prima che le banche chiudessero gli sportelli, le giovani iraniane che si augurano di poter riprendere l’università, il meccanico afghano che mostra le foto della sua officina; nigeriani studenti in medicina in Ucraina che, con mogli e figli, si ritrovano in mezzo al ciclone dell’inizio guerra; bambini che disegnano bombe che cadono sulle loro case e altri che si contendono un paio di vecchie scarpe perché sanno che le dovranno indossare ancora per molte ore di impervio cammino… Mille profili che ogni giorno passano silenziosi, stanchi e ignorati dagli sguardi dei più tra le strade di Ventimiglia, e non solo. 

(dal report Famiglie in transito a Ventimiglia di Caritas Intemelia, Diaconia valdese e WeWorld, novembre 2022)

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