Dati, fatti, analisi e “raccomandazioni” per chi deve decidere. Presentato in queste ore a Roma il “Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2015”. Al centro dell’attenzione le migrazioni forzate nel mondo, l’accoglienza e l’asilo nei Paesi poveri, in Europa, in Italia, i minori non accompagnati, la “disunione europea”. E i 22 milioni di “rifugiati ambientali.”
Viene presentata in queste ore a Roma l’edizione 2015 del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia di ANCI, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes (con Vie di fuga) e SPRAR in collaborazione con l’UNHCR.
Frutto di un lavoro condiviso e trasversale unico nel nostro Paese, il Rapporto non si limita alla raccolta e all’analisi di dati, fatti e norme, ma, sulla base di questi, si distingue in particolare per una serie di “Raccomandazioni” dettagliate e concrete a livello nazionale (“La ricomposizione di un sistema unico di accoglienza”, “L’inserimento socio-economico”, “La cura dell’informazione sulle migrazioni forzate”) ed europeo (“Un approccio orientato alla tutela dei diritti umani”).
Del secondo Rapporto sulla protezione pubblichiamo in allegato una sintesi che contiene, in aggiunta, un aggiornamento alla metà di settembre sulla situazione degli arrivi di migranti e rifugiati dal Mediterraneo verso l’Europa.
Italia: i numeri dell’accoglienza
In Italia, a fine giugno 2015, i richiedenti asilo e migranti presenti nelle varie strutture di accoglienza risultavano circa 82.000.
Nei CPSA, CDA e CARA i migranti e richiedenti asilo accolti e assistiti erano 10.008, nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) erano presenti 50.711 persone mentre nelle strutture attive del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) erano circa 21.000 tra richiedenti e rifugiati.
Lo SPRAR
Nei primi cinque mesi del 2015 (dati aggiornati al 31 maggio 2015) i progetti SPRAR finanziati dal Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo-Fnpsa sono stati 430 e hanno reso disponibili 21.449 posti di accoglienza, di cui 20.228 destinati alle categorie ordinarie, 941 all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e 280 a persone con disagio mentale e disabilita fisica.
Rispetto al 2014, risulta diminuita di 4 punti percentuali l’incidenza dei richiedenti protezione internazionale, a favore in particolare di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato (2 punti percentuali in più), ma anche dei titolari di protezione umanitaria e sussidiaria (un punto in più per entrambe le categorie).
Le domande d’asilo
Nei primi mesi del 2015 sono state presentate nel nostro Paese circa 25.000 domande di protezione, contro le 64.886 presentate in tutto il 2014.
Fra le domande di protezione esaminate, invece, «se si guarda ai primi cinque mesi del 2015 si scopre che la percentuale di coloro a cui e stata riconosciuta almeno una forma di protezione internazionale è leggermente inferiore a quella rilevata nel 2014 (pari al 50% delle domande esaminate), mentre, proporzionalmente, aumentano le decisioni di diniego (47%)».
La Disunione Europea: Paesi senza memoria
«Non si tratta di una crisi greca, o italiana, o tedesca: questa e una crisi migratoria globale che richiede azioni congiunte coraggiose», ha dichiarato di recente un portavoce della Commissione Europea.
Ma è un fatto: in queste settimane assistiamo all’assenza di una politica comune, «figlia purtroppo di una Europa che si è scoperta disunita in un momento nel quale invece la coesione doveva costituire il suo tratto qualificante. Manca un governo della crisi, mancano linee comuni d’azione in grado di dare risposte ad un fenomeno globale. Tale “disunione Europea” è emersa ancora nel corso dell’ultimo vertice europeo svoltosi il 14 settembre 2015, dove e stato approvato un primo piano di redistribuzione di qualche decina di migliaia di profughi provenienti dall’Italia e dalla Grecia, ma non si è ancora raggiunto alcun accordo sul ricollocamento di 120.000 profughi tra i 28 Paesi».
Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, infatti, si sono opposte a qualsiasi piano di redistribuzione, «dimenticando la loro stessa storia recente, che ha visto migliaia dei propri cittadini ricevere protezione da parte di molti Paesi europei».
I rifugiati ambientali
Fra chi e costretto a una migrazione forzata, c’è anche la particolare categoria delle persone sfollate per motivi legati ai disastri ambientali. Le stime “ufficiali” a riguardo parlano di circa 22,4 milioni di persone nel 2014, riferendosi alle vittime di disastri climatici, di natura geofisica, come le alluvioni, le tempeste, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, gli incendi, tutti accadimenti sempre più frequenti negli ultimi decenni.
Il continente in assoluto più coinvolto è l’Asia (19 milioni), in particolare le Filippine, la Cina, l’India, l’Indonesia e, a seguire, gli USA.
Come proteggere i migranti che fuggono da disastri e si spostano in altri Stati? E’ una questione tuttora aperta. Difficile applicare gli strumenti giuridici esistenti a livello internazionale come la Convenzione di Ginevra, e difficile determinare il nesso di causalità esistente fra il cambiamento climatico e il flusso migratorio, dal momento che la mobilità geografica rappresenta solo una delle possibili strategie di adattamento ai cambiamenti del clima.
Tuttavia, i particolari bisogni di protezione dei rifugiati ambientali e di coloro che sfollano all’interno dei confini dei propri Paesi per i medesimi motivi devono essere approfonditi, anche perché gli effetti dei cambiamenti climatici continueranno a mettere in moto fenomeni di migrazione forzata e la tutela delle persone che, loro malgrado, ne sono protagoniste andrà rafforzata.
Allegato
Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2015: la sintesi (file .pdf 5,73 mbyte)
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