Le domande d’asilo nell’UE “allargata” nel 2020 sono diminuite del 31% rispetto al 2019, ai livelli più bassi dal 2013. In crescita la percentuale dei minori non accompagnati: lo è un richiedente egiziano o afghano su 10. Ancora in calo il tasso di riconoscimento della protezione per i siriani. Ma l’EASO segnala anche le gravi discrepanze nei tassi di riconoscimento dell’asilo nei vari Paesi europei.
461.300 domande, rispetto alle 671.200 del 2019: i primi dati EASO per tutto il 2020 nel territorio dell'”UE+” o “allargata” (i 27 Paesi membri più Svizzera e Norvegia) segnano una diminuzione del 31%. Secondo l’Ufficio europeo per il supporto all’asilo, il dato riflette solo «l’impatto della pandemia di COVID-19 e delle relative misure di emergenza», ma sicuramente è anche dovuto alla crescente chiusura delle frontiere esterne per chi fugge da guerre, violenze e povertà. Il numero 2020 delle richieste d’asilo è il più basso dal 2013.
L’Afghanistan e l’Egitto under 18
Circa il 4% di tutte le domande di protezione presentate nell’UE+ nel 2020 arriva da minori non accompagnati (MSNA), con un aumento di un punto percentuale rispetto all’anno precedente. Quasi quattro MSNA su 10 sono afghani (il 37%, una percentuale che nell’anno è cresciuta di ben 10 punti), seguiti dai ragazzi siriani e pakistani.
Un altro dato significativo: oltre uno su 10 di tutti i richiedenti afghani ed egiziani sono minori non accompagnati.
In fuga dalla Bielorussia
Invariati i principali Paesi di origine dei richiedenti asilo rispetto al 2019, Siria (64.540 richieste d’asilo), Afghanistan (48.578), Venezuela (30.643), Colombia (29.438) e Irak (18.167), anche se tutti con numeri in calo. Fra le poche cittadinanze che hanno visto un aumento dei richiedenti si segnala la Bielorussia (1.319, + 28% rispetto al 2019).
Esiti: quelle fluttuazioni da “emergenza”
Per la prima volta dal 2017 il numero di richiedenti esaminati nell’anno in prima istanza (520 mila) ha superato le richieste d’asilo presentate.
«Durante i lockdown per il COVID-19 – afferma l’EASO – alcuni uffici per l’asilo sono stati temporaneamente chiusi e diversi casi sono stati esaminati mentre si attuavano e si testavano misure di sicurezza come le interviste on line. Ciò ha comportato alcune forti fluttuazioni nel tasso mensile di riconoscimento, ma alla fine il tasso di riconoscimento annuale in primo grado (solo status di rifugiato o protezione sussidiaria, esclusa l’umanitaria, ndr) è stato in pratica lo stesso del 2019, il 32%».
Fra le cittadinanze principali continua a diminuire il tasso di riconoscimento per i siriani (84%, il dato più basso dal 2011), i venezuelani e i colombiani.
Con la Siria, i Paesi di fuga con il tasso di riconoscimento più elevato sono l’Eritrea (80%) e lo Yemen (75%).
L’Europa dell’“asylum lottery”
L’Ufficio europeo per l’asilo osserva inoltre che «l’esito di una domanda di protezione dipende in parte da dove è stata presentata. Ad esempio nel 2020 i tassi di riconoscimento (sempre esclusa la protezione umanitaria, ndr) per i siriani variano dal 35% in alcuni Paesi dell’UE+ al 100% in altri».
Ma queste discrepanze sono ancora più larghe per gli afghani (riconoscimenti dall’1% al 99%!) e i venezuelani (dallo 0% al 96%). Per i colombiani la “forbice” è più ridotta ma comunque significativa (0%-28%). Fra altre cittadinanze con numerose decisioni in prima istanza, iracheni, pakistani, somali e turchi registrano tassi di riconoscimento che oscillano di oltre 50 punti percentuali da Paese a Paese.
«È stato ipotizzato che tassi di riconoscimento diversi possano incoraggiare movimenti secondari, ma senza prove certe. Tuttavia, le differenze nei processi decisionali tra i paesi dell’UE+ mettono in evidenza la necessità di un’attuazione coerente del Sistema europeo comune di asilo».
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