Tutte le proposte di riforma del sistema d’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati uscite dall’ultimo incontro nazionale delle rete Europasilo: dal passaggio ai Comuni dell’amministrazione dei programmi di accoglienza all’«assorbimento» dei CAS, da una procedura nazionale di accreditamento per il non profit ad alcuni adeguamenti urgenti per l’accesso delle persone allo SPRAR.
Le «strutture emergenziali», cioè i CAS, «soddisfano le esigenze essenziali di accoglienza»: almeno secondo l’art. 11 , comma 2 del DLgs 142/2015, in quanto la norma prevede che le persone accolte siano trasferite dai CAS ai progetti SPRAR nel più breve tempo possibile.
Peccato che, com’è noto, «ciò non avvenga in ragione della assoluta sproporzione di posti disponibili tra il sistema CAS e il sistema SPRAR. I richiedenti protezione finiscono per rimanere nei CAS per tutto il tempo durante il quale è pendente l’esame della loro domanda. Questo stato di eccezione permanente è un grave vulnus al sistema nazionale di protezione, perché i centri di accoglienza straordinari non garantiscono una qualità di vita adeguata, come esige l’art. 18 (par. 1, lett. b) della direttiva 2013/33/UE».
È l’analisi della situazione dai cui prendono spunto le proposte uscite dall’incontro nazionale delle rete Europasilo del 1° febbraio a Bologna e oggi rilanciate all’attenzione del Paese, all’alba della nuova legislatura.
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In una «permanente situazione di grave squilibrio tra sistema dei CAS (circa l’80% dei posti disponibili sul totale dell’accoglienza, ndr) e sistema SPRAR (20%), il programma di auspicato progressivo assorbimento non funziona in modo adeguato», tirano le somme le associazioni ed enti di Europasilo. Che propongono, prima di tutto, un deciso cambio di passo sul piano normativo sintetizzabile in tre punti: 1) trasferire ai Comuni (singoli o associati) la funzione amministrativa della gestione dei programmi di accoglienza per dare stabilità e certezza agli interventi; 2) superare «l’attuale incredibile disomogeneità tra i territori»; 3) rendere effettivamente possibile l’assorbimento progressivo dei CAS.
«Dopo il primo soccorso e la distribuzione sul territorio nazionale – argomenta la rete Europasilo – non sussistono infatti ulteriori esigenze unitarie in ragione delle quali le amministrazioni statali debbano occuparsi di ogni funzione amministrativa in materia di accoglienza; al contrario si tratta di funzioni e compiti che oggi vengono svolti impropriamente e in modo scadente dallo Stato che non ha né esperienza né personale adeguato allo svolgimento di queste funzioni di natura socio-assistenziale».
Il documento della rete precisa che le risorse per la gestione del sistema di accoglienza territoriale devono confluire ed essere inserite nel Piano locale di gestione del welfare, trattandosi comunque di risorse vincolate, e la copertura economica deve essere garantita dallo Stato.
Si chiede inoltre una procedura nazionale di accreditamento per «superare il meccanismo delle gare di appalto per l’affidamento di servizi, in evoluzione e in linea con l’obiettivo di costituire un sistema unico». Si tratterebbe di una procedura pubblica aperta ai soggetti del terzo settore «in grado di garantire requisiti di qualità del servizio, trasparenza amministrativa, capacità di rete territoriale ed eticità delle condotte sociali». Solo enti accreditati dovranno poter svolgere servizi SPRAR.
Europasilo propone anche tre adeguamenti normativi urgenti. Primo fra tutti, il ripristino della funzione dello SPRAR per l’accoglienza dei richiedenti asilo in conformità alla norma vigente. Denuncia infatti il coordinamento: «L’uso dello SPRAR solo per l’integrazione sociale di beneficiari di protezione che hanno fatto tutto il percorso di prima accoglienza in un centro straordinario, magari geograficamente collocato in altro contesto, snatura la funzione di “protezione” dello SPRAR e mortifica le possibilità reali di un progetto SPRAR di trovare un inserimento sociale a un beneficiario che viene “catapultato” nello SPRAR per gli ultimi sei mesi della sua accoglienza».
Occorre inoltre ridefinire con maggiore precisione i criteri di accesso allo SPRAR. «Coesistono modelli territoriali molto diversi e il rischio di iniquità e di scarsa trasparenza nelle procedure di ingresso è molto elevato». È «necessario andare a definire più in profondità le casistiche di ingresso, optando per un bilanciamento del criterio della vulnerabilità con quello del percorso di autonomia intrapreso sul territorio, in modo da garantire la possibilità di portare avanti progetti positivi di inclusione socio-economica, oltre che la presa in carico di soggetti vulnerabili».
E terzo, in nome di un equo diritto all’accoglienza, per evitare evidenti e gravi discriminazioni fra i titolari di protezione che hanno avuto accesso al sistema SPRAR e quelli che non l’hanno avuto per le disfunzioni del sistema, «andrebbe quanto meno garantita la prosecuzione dell’accoglienza nei CAS per un periodo
analogo a quello previsto dallo SPRAR e, nel caso, con la previsione di analoghi interventi di sostegno all’autonomia».
Tutto dentro/ tutto fuori?
Infine, per Europasilo occorre ripensare tutto il complesso degli interventi per l’autonomia. Questa proposta di ampio respiro è declinata nelle voci “maggiore gradualità e flessibilità”, “tutto dentro/tutto fuori lo SPRAR?”, “progressività degli interventi” e “tempi dell’intervento e proroghe”.
Gli operatori del coordinamento, tra l’altro, avvertono che è ormai necessario superare «l’oziosa discussione» se i sei mesi di accoglienza successivi al riconoscimento giuridico di protezione sono sufficienti o meno. «È evidente che nel contesto socio-economico attuale non lo sono. Ciò non deve significare una automatica estensione dell’accoglienza materiale erga omnes (per alcune situazioni ciò darebbe luogo ad assistenzialismo), ma deve portare a una reale modulazione del percorso di integrazione individuale».
Verso la Summer school 2018
Europasilo è il coordinamento nazionale “leggero” tra associazioni ed enti (prevalentemente ma non solo) della rete SPRAR «che ritengono di poter portare la propria esperienza e le proprie proposte a beneficio dell’intera rete nazionale di accoglienza».
L’idea di fondo che anima questa rete è proprio «che la riforma del sistema nazionale di accoglienza sia quanto mai urgente e che ci sia un serio rischio di arretramento del sistema-Paese».
Quanto agli enti che vi aderiscono, intendono «affermare l’identità di enti di tutela e non di enti gestori (nel senso di meri erogatori di un servizio voluto da una committenza)».
Il percorso avviato con l’incontro di Bologna del 1° febbraio proseguirà alla Summer school 2018 di Europasilo, prevista a settembre sempre nel capoluogo emiliano. In vista di questo prossimo incontro, la rete invita ad inviare suggerimenti e riflessioni (mail: europasilo@gmail.com).
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