A vent’anni dalla nascita dello SPRAR, un’indagine, la denuncia e le sei proposte del Tavolo asilo e immigrazione di fronte alla “radiografia di un sistema interrotto”. Gli organismi e le associazioni del Tavolo (fra cui la Fondazione Migrantes): «La nostra ricerca “cattura” uno stato di “rassegnazione” del mondo dell’accoglienza, il cui impegno riesce a ottenere importanti risultati nonostante la criticità di un sistema sempre più burocratizzato e una mancata integrazione con il welfare territoriale».
“I progetti funzionano, nonostante tutto e tutti. E funzionano perché sono individualizzati, sartoriali, diversi uno dall’altro. E i progetti funzionano perché le azioni sono bene pensate dall’équipe, gli operatori sono professionali e capaci di gestire persone e risorse, di muoversi tra mille ostacoli della burocrazia” (un operatore intervistato nell’indagine “Isolata, rassegnata, con le sole proprie forze”).
«Il pur positivo ritorno all’impostazione legislativa originaria operato dalla legge 173/2020 non ha risolto i problemi di fondo che hanno impedito allo SPRAR, e oggi al SAI, di divenire il Sistema unico di accoglienza italiano, o almeno quello maggioritario».
A vent’anni dalla nascita dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è la constatazione da cui parte la rete del Tavolo asilo e immigrazione (TAI), che ha denunciato oggi a Roma le ragioni per le quali il SAI non svolge ancora il ruolo che la legge gli assegna.
Alla base della riflessione del TAI, oltre al confronto interno c’è un’indagine svolta tra gli operatori e le operatrici dei progetti d’accoglienza italiani realizzata dal Tavolo stesso nel 2021.
La ricerca: “Radiografia di un sistema interrotto”Presentiamo qui i dati di sintesi che emergono dall’indagine dal titolo Isolata, rassegnata, con le sole proprie forze: l’accoglienza in Italia vista dagli operatori dei progetti territoriali. Radiografia di un sistema “interrotto”, realizzata nel secondo semestre 2021 dal TAI e presentata oggi a Roma. Alla rilevazione hanno partecipato 112 operatori e operatrici, rappresentativi di 19 regioni su 20 e di 112 progetti territoriali di accoglienza. La maggioranza dei rispondenti, il 56%, rappresenta un progetto SAI, il 31% un progetto CAS e il 3% un CDA-CPSA. «La ricerca “cattura” uno stato di “rassegnazione” del mondo dell’accoglienza, il cui impegno riesce a ottenere importanti risultati nonostante la criticità di un sistema sempre più burocratizzato e una mancata integrazione con il welfare territoriale – si legge nei materiali di presentazione della ricerca. – Il modello dell’accoglienza integrata e diffusa regge, e sembra mantenere una sua propria efficacia grazie ai suoi dispositivi fondamentali: dall’accoglienza in piccoli appartamenti, alla progettazione individualizzata, all’équipe multidisciplinare, trovandosi a dipendere dalla capacità degli operatori di organizzarne l’azione entro un contesto che è percepito come isolato, sia culturalmente che operativamente, e si sostiene al più grazie alla capacità degli enti attuatori di costruire reti con altri soggetti del terzo settore e di rinnovare la competenza, la motivazione e la stessa legittimazione sociale degli operatori». Tuttavia «mancano, in generale, legittimazione politica, il riconoscimento professionale, ma anche una programmazione, il senso di uno sviluppo e di una crescita del modello stesso». Ha affermato un intervistato: «I progetti funzionano, nonostante tutto e tutti. E funzionano perché sono individualizzati, sartoriali, diversi uno dall’altro. E i progetti funzionano perché le azioni sono bene pensate dall’équipe, gli operatori sono professionali e capaci di gestire persone e risorse, di muoversi tra mille ostacoli della burocrazia». Sistema di accoglienza, i punti di forza e di debolezza secondo gli operatori intervistati nella ricerca TAI
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Come conseguenza del proprio lavoro di ricerca e di confronto, il TAI ha elaborato sei proposte di miglioramento dell’attuale sistema di accoglienza. Eccole: 1) attuare il trasferimento delle funzioni amministrative ai Comuni per la gestione ordinaria dell’accoglienza territoriale e trasformare il SAI da programma a Sistema unico; 2) fermare l’infinita proliferazione dei CAS e attuare un programma nazionale per il loro progressivo superamento; 3) modificare i capitolati di gestione dei CAS per garantire standard adeguati e uniformi e favorire il loro assorbimento nel sistema ordinario di accoglienza; 4) superare la logica dello scambio utilitaristico nella gestione dei servizi di accoglienza e attuare una progettazione condivisa tra enti locali e del terzo settore; 5) riconoscere valore e promuovere l’accoglienza in famiglia all’interno del sistema istituzionale; e infine 6) istituire modalità permanenti di consultazione delle realtà del terzo settore.
Per il TAI (che è la rete italiana più rappresentativa delle associazioni e degli organismi impegnati nell’accoglienza di migranti e rifugiati) il documento di riflessione e proposta che alleghiamo qui sotto è stato sottoscritto da A Buon Diritto, ACAT Italia, ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Avvocato di Strada, Caritas Italiana, Centro Astalli, CGIL, CIES, CIR, CNCA, Comunità Papa Giovanni XXIII, CoNNGI, Emergency, Europasilo, Focus Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Intersos, Legambiente, Medici del Mondo Italia, Medici per i Diritti Umani, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, Senza Confine, SIMM, UIL e UNIRE.
Allegati
Il documento Il sistema che ancora non c’è (TAI, 22 giugno 2022, file .pdf, 160 kbyte)
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