Questo è il mio nome, spettacolo teatrale del Teatro dell’Orsa con richiedenti asilo e rifugiati ospitati nello SPRAR di Reggio Emilia, ci ricorda il bisogno di ognuno ad essere riconosciuto come essere umano. “C’è un’autrice drammaturga francese che si chiama Helen Cixous che dice che noi andiamo a teatro altrettanto raramente che al nostro cuore, ed è di andare al cuore, il nostro e delle cose, di cui abbiamo bisogno. Perché il teatro è l’unica forma che ci dà modo di vivere la fatica di essere umani. L’incontro con i giovani che vengono dal Mali, dal Congo, dalla Nigeria, dalla Guinea, dalla Costa d’Avorio, dal Senegal, l’onda che sta arrivando e che cambierà il mondo, che orme lascia? Lascia orme dentro ai documenti che sono nelle Prefetture, nelle Questure, lascia orme che sono pezzi di storie che si riducono a numeri, a tempi che spesso non sono neanche precisi. Ma di che cosa abbiamo bisogno veramente? Quello che noi abbiamo cercato di fare in questo incontro è farci raccontare la parte invisibile: l’invisibile è il pezzo della nostra storia“, così Monica Morini, ideatrice e regista insieme a Bernardino Bonzani del Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia, racconta la genesi dello spettacolo teatrale “Questo è il mio nome”. Il progetto, iniziato a gennaio 2015, ha visto coinvolti alcuni richiedenti asilo e rifugiati accolti nello SPRAR di Reggio Emilia e appassionatisi al teatro, e ha debuttato nel settembre dello stesso anno al Festival Aperto. Lo spettacolo, che ha certamente avuto un valore catartico per i partecipanti,