Dopo l’ennesima morte di un migrante “trattenuto” in un Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR), il diciannovenne Belmaan Oussama, le organizzazioni del Tavolo asilo e immigrazione (TAI), fra cui la Fondazione Migrantes, sono tornate a chiedere la fine del sistema di detenzione amministrativa. Il comunicato TAI dell’8 agosto.
Abbiamo appreso con rinnovato sgomento la notizia della morte di Belmaan Oussama, un ragazzo di 19 anni trattenuto nel Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Palazzo San Gervasio, in Basilicata, per cui il Procuratore della Repubblica di Potenza, Francesco Curcio, non esclude l’omicidio, doloso o colposo.
Secondo le notizie che circolano, la morte del ragazzo sarebbe avvenuta lunedì 5 agosto, nel pomeriggio. Le autorità non hanno rilasciato dichiarazioni e reso noti i dettagli del caso; solo ieri, a tre giorni dalla morte, si è saputo che il ragazzo era algerino.
Non conosciamo la storia di Belmaan Oussama, sappiamo che era solo un ragazzo di 19 anni che ha avuto l’ardire di cercare una vita migliore fuori dal suo Paese e che vedeva privata la sua libertà personale pur non avendo commesso alcun tipo di reato. Sappiamo anche che era nel CPR dallo scorso 24 maggio e che c’erano stati dei tentativi di suicidio; aveva ingoiato pezzi di vetro e per questo era stato portato per cure presso l’ospedale San Carlo di Potenza.
La morte di Oussama ha innescato una rivolta delle persone trattenute nella struttura e sollevato numerosi interrogativi. Cosa è successo dopo le dimissioni dall’ospedale? Perché è rientrato nel centro? Chi ha fatto il certificato di idoneità per il suo reingresso? E chi ha vigilato sulla sua incolumità? Risulta che al momento del decesso fosse in servizio un solo infermiere, nessun medico, per 104 persone trattenute.
Non è la prima morte che avviene nei CPR. Non ci sono dati ufficiali e sistemi di rilevazione trasparenti ed efficienti per fare la conta dei morti; una ricerca di ActionAid e dell’Università di Bari stima che siano 30 le persone che dal 1998 hanno perso la vita nei CPR, fra cui, a febbraio di quest’anno, un altro diciannovenne, Ousmane Sylla, che si è suicidato a Ponte Galeria. Mentre notizie tragiche arrivano dalle carceri, anche nei CPR le persone sono portate alla disperazione da un sistema di detenzione amministrativa che è un’aberrazione, uno spazio di negazione del diritto.
I CPR, gestiti da soggetti privati su affidamento delle Prefetture, sono ormai da tempo al centro di numerose inchieste e denunce per le condizioni di vita in cui le persone trattenute sono costrette a vivere e per l’assenza di qualsiasi tipo di garanzia e per i trattamenti inumani e degradanti a cui sono esposte: segregazione, violenza fisica e psicologica, sporcizia, cibo avariato, uso eccessivo di psicofarmaci. Eppure, questi luoghi continuano ad esistere.
Lo stesso CPR di Potenza – definito dal Procuratore di Potenza come un luogo non in linea con gli standard di sicurezza della salute di uno Stato civile – è oggetto da anni di inchieste sulla sua gestione, l’ultima delle quali ha portato alla notifica di 26 avvisi di chiusura, indagini per i reati più svariati, quali maltrattamenti, frode in pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato e corruzione, a carico di medici, gestori precedenti, avvocati e uomini delle forze dell’ordine.
Nati per “trattenere” le persone straniere irregolari fino al loro rimpatrio, i CPR hanno finito per assolvere una funzione simbolica a servizio delle politiche razziste e securitarie che si sono rincorse in Italia. Al 15 aprile di quest’anno le delegazioni coordinate dal Tavolo Asilo e Immigrazione che hanno fatto accesso negli 8 CPR attivi in Italia hanno registrato circa 550 persone che, dall’anno scorso, possono essere trattenute fino a 18 mesi.
In talia ci sono otto CPR, otto aberrazioni giuridiche e sociali, otto buchi neri in cui alle persone sono negati diritti e dignità. Un sistema irriformabile che va abolito. I CPR vanno chiusi, subito.
Per questo ci troveremo sabato 10 agosto alle ore 11 davanti al CPR di Palazzo San Gervasio per chiedere che tutti i CPR vengano chiusi, che venga resa giustizia ad Oussama ed a tutte le persone che hanno perso la vita nei luoghi di trattenimento.
Le organizzazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione: A Buon Diritto, ActionAid, Arci, ASCS, ASGI, Campagna Ero Straniero, Casa dei Diritti Sociali, CGIL, Centro Astalli, CIES, CNCA, CoNNGI, DRC Italia, Emergency, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per cambiare l’ordine delle Cose, IRC, Italiani Senza Cittadinanza, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Save the Children, SIMM, Re.Co.Sol., Refugees Welcome Italia, UNIRE
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