di Marco Calabrese
Una videocamera, milioni di persone al giorno e un gruppo di free-lance che lavora in un ufficio sotto la stazione. Così nasce Termini Tv, la web tv che racconta la quotidianità della Città eterna dal luogo dove, prima o poi, passano tutti. Tra le storie raccontate, molte sono dedicate al tema dei rifugiati e dell’immigrazione.
Dawood, rifugiato afghano, da tredici anni residente a Roma, si racconta alla telecamera di Francesco Conte, direttore di Termini TV. È arrivato in Italia dopo un viaggio lungo un anno, pieno di peripezie e di difficoltà. Tra tutte, sceglie di raccontare di quando si trovarono bloccati sulle montagne tra l’Iran e la Turchia, circondati da mine antiuomo e da resti di altri esseri umani. Poi il viaggio dentro al container e quello di cinquanta ore sul gommone, perdendo anche un amico senza poter fare nulla per salvarlo. Finalmente l’arrivo in Italia. All’inizio viveva per strada, ma ha iniziato subito ad imparare la lingua: «la cosa più importante» dice. «Per chi nasce in un paese in guerra, la prima cosa è paura, la seconda cosa è morire»: lui ha scelto di scappare per realizzare i suoi sogni, per non uccidere e non essere ucciso.
«Ho conosciuto Dawood molti anni fa» spiega Francesco Conte «così, una volta nata la web tv, ho deciso di contattarlo e chiedergli di raccontarmi la sua storia in stazione. Termini è un luogo di osservazione privilegiato per raccontare la realtà dei rifugiati e delle persone appena arrivate. Dal canto suo, Dawood è uno “che ce l’ha fatta”, parla la lingua ed è molto conosciuto, ma ci sono anche persone che parlano male e che di fronte alla telecamera si sentono in imbarazzo e non vogliono essere intervistate».
Raccontare le persone che passano dalla stazione: questo è l’obiettivo di Termini TV. Tutte le persone, compresi i rifugiati e i migranti per i quali questa e le altre stazioni sono un luogo simbolo. Arrivo, partenza ma anche «primo trauma o primo approccio con una realtà per loro del tutto sconosciuta. Ci sono moltissime storie, c’è la Storia in questo luogo che io definisco un non luogo, un atopos, dove ogni giorno succede qualcosa».
In stazione si incontrano anche Angelo, il breakdancer apolide, Laye Toure, musicista senegalese itinerante e tanti altri. Non ci sono solo storie, però: tra i video proposti dai ragazzi di Termini TV su Internazionale c’è anche tanta informazione. Su tutti spiccano il video sul nuovo rapporto di Medici Senza Frontiere, con un’intervista all’autore, e la chiacchierata sui numeri dell’immigrazione con il professor Alfonso Giordano.
Termini, ma anche altre realtà, italiane e internazionali, come la stazione Centrale di Milano. Un’altra città con altre storie, come quella di Ozlem, la ragazza che si definisce «curda, turca e italiana». «È arrivata quindici anni fa e ci ha raccontato della sua prima notte in Italia, trascorsa sotto gli alberi davanti alla stazione in compagnia di sua madre» continua Francesco Conte «anche lei è come Dawoo, una che “ce l’ha fatta”, ma alcune sere torna in quella piazza e si emoziona ripensando alla sua prima notte italiana e a quanto ha fatto fino ad oggi».
Due realtà diverse ma al contempo simili: in entrambe le stazioni, infatti, sono state avviate una serie di procedure per rendere questi luoghi sempre meno agibili per tutti coloro che non sono né passeggeri né lavoratori. In particolare, «a Termini, non c’è una situazione emergenziale, ma c’è una gestione in emergenza per quel che riguarda queste persone. Non sono presenti grandi associazioni che si occupino dei senzatetto o dei migranti: oltre alla Caritas, c’è infatti una piccola realtà di organizzazioni che si occupano soltanto di prima emergenza, e questo si ripercuote soprattutto su quelle persone che magari perdono il lavoro, solitamente in nero, vuoi per un guaio fisico o per altro, e si ritrovano alla stazione senza sapere che fare».
L’intenzione è quella di continuare a pubblicare video su rifugiati e migranti, oltre che su tutte le altre persone raccontate quasi ogni giorno sul sito, perché alla fine anche loro, che lo si voglia o meno, fanno parte della nostra storia, della Storia.
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