Da dicembre 2012 l’Europa ha un nuovo muro, segno inequivocabile di un intero continente che si sta chiudendo: è quello che fra Grecia e Turchia, fra l’Unione Europea e il resto del mondo.
E’ lungo 12 chilometri e mezzo e si trova a uno dei confini più oltrepassati negli ultimi dieci anni (Frontex ha stimato una media di 250 tentativi di ingresso al giorno). Qui tentavano l’ingresso persone provenienti da Afghanistan, Pakistan, Armenia, Kurdistan, Iraq, Siria, Somalia, Egitto e perfino dal Nord Africa.
Il muro, per Atene una “recinzione” – costata 3 milioni di euro – colma uno spazio non protetto dal fiume Evros, che segna il confine naturale tra la Grecia e la Turchia. Per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, lungo le sue rive era stata decisa la costruzione di un fossato di cui sono stati consegnati i primi 15 km ad agosto 2011, successivamente però, a causa dei costi molto elevati, dall’idea del fossato si è passati a quella di una doppia barriera di reticolato e filo spinato alta quattro metri.
L’Unione Europea ha scelto di non finanziare questa barriera (ritenendo la questione un “affare interno”) ma non l’ha messa in discussione. Dalla Francia di Sarkozy era invece arrivato un incoraggiamento esplicito. Le autorità greche hanno sempre difeso la barricata di Evros; il capo della Polizia di Orestiada, Giorgios Salamagas, precisando che non si trattava di un “muro” ha dichiarato: “risolverà il problema dell’immigrazione. Grazie ai rinforzi, già nell’ultima settimana di agosto 2012 non abbiamo avuto ingressi di clandestini, mentre nella prima metà dell’anno ne avevamo anche 300 al giorno”.
In Grecia la realtà vissuta dai migranti, perché effettivamente quasi nessuno sogna di rimanere in terra ellenica, è sempre stata durissima tanto che Human Rights Watch ha lanciato l’allarme di un’ondata xenofoba senza precedenti. Ad esempio nell’agosto 2012, con il nome surreale di Xenios Zeus (Zeus protettore degli stranieri), una serie di rastrellamenti ha portato migliaia di stranieri dalle strade ai centri di detenzione. Solo nel primo mese di questa azione, la polizia ha fermato 16mila 836 migranti, di cui 2mila 144 privi di permesso. “Le persone sono state prelevate su base etnica, e nei centri di detenzione sono finiti molti stranieri che in realtà erano in regola”, conferma l’avvocato Eleni Velivasaki.
L’economia locale di Orestiada, ex città di profughi – molti greci partirono da qui come gastarbeiter in Germania, per guadagnare qualcosa di più di quello che si poteva ottenere da vigneti e pannocchie! – ora ruota attorno al respingimento di altri profughi. Triste paradosso di una società chiusa e cieca di fronte ai cambiamenti del mondo.
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