L’episodio dei 270 migranti raccolti (con ritardo) dal rimorchiatore Vos Triton in questi giorni al largo della Libia, prontamente trasbordati su una motovedetta della Guardia costiera “libica” e quindi finiti nei famigerati centri di detenzione della zona di Tripoli non è “un episodio come tanti altri”: è un “respingimento privatizzato” in violazione dei diritti umani.
Non si conosce la catena di decisioni (e decisori) per cui la nave da rifornimento-rimorchiatore Vos Triton, quattro giorni fa, ha deciso di consegnare alla Guardia costiera “libica” le centinaia di migranti che aveva raccolto (con ritardo) in acque internazionali, nel Mediterraneo centrale, da un barcone in avaria, come l’ONG Sea Watch ha documentato grazie alle riprese dal suo aereo di ricognizione Seabird.
Ma il fatto è grave. Ed è solo l’ultimo di numerosi episodi di “respingimento privatizzato“, nei quali si impegnano navi mercantili a respingere potenziali rifugiati e altre persone bisognose di protezione verso porti insicuri. Alla fine del 2019 il Global legal action network (GLAN), una ONG composta di giuristi, accademici e giornalisti con sede fra Londra e l’Irlanda, ha intentato la prima causa internazionale in materia presso il Comitato ONU per i diritti umani, per conto di uno dei migranti che nel novembre del 2018 erano stati deportati sul suolo libico dal cargo panamense Nivin (dopo essere stati da esso raccolti), subendo poi lesioni, violenze, abusi. In questo caso, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano aveva dato istruzioni alla Nivin perché prendesse contatto con la Guardia costiera di Tripoli.
Incarichi pericolosi
L’episodio della Nivin, spiegava il GLAN, ha richiamato «l’attenzione sui modi in cui le navi mercantili sono implicate nella violenza alle frontiere. I marittimi sono sempre più spesso costretti ad assumersi la responsabilità dei migranti e a fare scelte rischiose, scelte che possono portarli ad agire illegalmente e a provocare vittime, per non parlare dei costi che subiscono. L’incidente della Nivin rappresenta uno sviluppo dell’esternalizzazione dei controlli di frontiera e una nuova modalità di contenimento per delega delle migrazioni. Questa politica rischia di annullare regole fondamentali del diritto internazionale, come il divieto di refoulement, nonché il principio dello sbarco in luogo sicuro riconosciuto dalle norme consuetudinarie del diritto del mare».
“…Rischiano di finire nel traffico di esseri umani”
In questi giorni l’OIM e l’UNHCR hanno confermato che la Vos Triton, bandiera di Gibilterra ma proprietà di una compagnia con sede in Olanda (la Vroon), ha trasbordato su una motovedetta della Guardia costiera “libica” 270 migranti, ben più dei 180 inizialmente stimati da Sea Watch. Sbarcati a Tripoli, i migranti sono naturalmente finiti nei famigerati centri di detenzione della zona.
«OIM e UNHCR ribadiscono che nessuno dovrebbe essere riportato in Libia dopo essere stato salvato in mare – affermano in una nota congiunta le due agenzie internazionali -. Secondo il diritto marittimo internazionale, le persone salvate devono essere fatte sbarcare in un porto sicuro. Il personale dell’OIM e dell’UNHCR è presente in Libia per fornire assistenza umanitaria salvavita. Tuttavia le due organizzazioni ribadiscono che mancano le condizioni di base per garantire la sicurezza e la protezione dei migranti e dei rifugiati soccorsi dopo lo sbarco; pertanto, la Libia non può essere considerata un porto sicuro… I migranti e i rifugiati riportati in Libia spesso si ritrovano in condizioni inumane e possono essere esposti ad abusi ed estorsioni. Altri scompaiono e sono irreperibili e si teme che alcuni possano essere stati incanalati in reti di traffico di esseri umani».
Con i 270 naufraghi della Vos Triton, i migranti intercettati quest’anno dalla Guardia costiera “libica” sono già più di 13 mila: una cifra che ha già superato quelli intercettati in tutto il 2020, meno di 12 mila (dati di fonte OIM).
UNHCR e OIM hanno chiesto «un meccanismo prevedibile di sbarco lungo la rotta del Mediterraneo centrale, con effetto immediato e nel pieno rispetto dei principi e degli standard internazionali sui diritti umani». Ma intanto il Mediterraneo centrale è sempre più terra (mare) di nessuno.
“Da pratica marginale a strutturale”: gli episodi del passato fra cronaca e storia
Fonti: rapporto Il diritto d’asilo (Migrantes 2020) e Country report Italy-Update 2020 (Asylum Information Database-ECRE, giugno 2021) |
No comment yet, add your voice below!