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“La sicurezza dell’esclusione”: ecco i primi effetti del decreto “sicurezza” del 2018

Secondo un’analisi di Openpolis e ActionAid a un anno dal primo decreto “sicurezza”, le scelte di bilancio in tema di accoglienza nel nostro Paese confermano un approccio basato sull’associazione «indimostrata e indimostrabile» tra presenza di migranti e sicurezza dei cittadini, «da risolvere penalizzando l’inclusione e finanziando il trattenimento e le espulsioni».

Foto Openpolis 2019.

 

Decreto “sicurezza”, anno primo: una recente analisi della fondazione Openpolis e dell’ONG ActionAid dal titolo La sicurezza dell’esclusione  ha fatto il punto sulle conseguenze che il decreto n. 113 del 4  ottobre 2018, poi convertito con la legge 132/2018, ha prodotto (ha iniziato a produrre) sull’accoglienza dei migranti nel nostro Paese.

Per il vaglio della spesa statale, Openpolis e Actionaid hanno preso in esame in particolare le voci di bilancio del Viminale in cui rientrano i costi per la gestione dei vari tipi di centri.

Tra il 2016 e il 2018 le spese sono aumentate, passando da 1,6 a 2,7 miliardi di euro. «Nel 2018 quasi l’80% di questa spesa è stata destinata ai CAS (Centri di accoglienza straordinaria, ndr) e agli altri centri di prima accoglienza, mentre circa il 20% è servito a finanziare quello che avrebbe dovuto essere il sistema ordinario di accoglienza, ovvero lo SPRAR/SIPROIMI e i centri per i minori non accompagnati (MSNA)».

Preventivo 2019

Per il 2019, continua l’analisi, «non potendo disporre ancora del rendiconto, possiamo basarci solo sulle cifre preventivate nella legge di bilancio nel corso degli anni». Per l’anno «si prevede una riduzione di spesa di circa 150 milioni di euro rispetto al 2018, dovuta principalmente al calo dei costi previsti per la gestione dei CAS e dei centri di prima accoglienza (- 125 milioni circa). Si riducono anche i fondi destinati ai MSNA (- 20 milioni circa) e di poco anche gli stanziamenti per i centri SIPROIMI-ex SPRAR (sei milioni circa)».

Va in direzione opposta, invece, la voce relativa ai Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR): tra 2018 e 2019 si è delineata  una crescita di spesa di circa sei milioni (+ 46,9%). «Un aumento, in realtà, già previsto dal governo Gentiloni».

«Tuttavia – precisano ancora Openpolis e ActionAid – le cifre effettivamente registrate al momento del rendiconto sono solitamente molto più alte rispetto a quelle previste, in particolare per quanto riguarda i CAS (+ 187% nel 2016, + 53% nel 2017 e + 33% nel 2018), per cui occorre attendere per sapere come effettivamente andranno le cose, in base ai flussi di persone effettivamente accolte».

Meno accoglienza, più rimpatri

Per quanto riguarda le spese per il Fondo rimpatri degli stranieri “rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale” «si registra un picco notevole, da 3,9 milioni di euro nel 2018 a 11,4 nel 2019, tre volte tanto».

«Le scelte di bilancio in tema di accoglienza… confermano almeno in fase di preventivo l’indirizzo generale del 1° governo Conte. Approccio basato sull’associazione, indimostrata e indimostrabile, tra migranti e sicurezza dei cittadini, da risolvere penalizzando l’inclusione e finanziando il trattenimento e le espulsioni. Alla riduzione della spesa destinata ai centri di accoglienza (CAS in particolare, ma anche SIPROIMI-ex SPRAR e MSNA) fa quindi da contraltare l’aumento di quella per i centri per il rimpatrio».

Allegato

La sicurezza dell’esclusione, il rapporto integrale (file .pdf)

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