È un picco finora mai raggiunto a partire dal 2015. Anche in Francia è una calda estate, ma le associazioni Refuges solidaires e Terrasses solidaires, attive ai piedi del Monginevro nell’assenza di risposte statali, ricordano che anche nella bella stagione «in montagna i rifugiati rimangono persone vulnerabili. Spossati dai percorsi a piedi hanno bisogno di un tetto, di ascolto, di qualcuno che si faccia carico dei loro problemi di salute». Dieci giorni fa l’ultima vittima sui percorsi in alta quota per aggirare una frontiera militarizzata. Intanto è sotto pressione pure l’accoglienza italiana sulla via alpina del Nordovest: in Valsusa, in una notte di fine luglio sono state soccorse 180 persone. Da Oulx la denuncia di MEDU: «Diverse persone visitate dal nostro team dichiarano di non essere riuscite a ricevere assistenza medica e legale una volta sbarcate in Italia».
Il 13 agosto sono stati accolti in una sola notte al centro delle Terrasses solidaires di Briançon quasi 300 migranti. È il picco storico dell’accoglienza solidale nel Briançonnais, sul versante transalpino del Monginevro, a partire dal 2015 e dall’intensificazione della via migratoria del Nordovest italiano verso la Francia. Una quarantina degli ospiti delle Terrasses erano donne e bambini.
Mentre l’associazione Refuges solidaires aveva già abbondamente superato la capacità di accoglienza prevista, 81 posti,, sono stati più di 100 i migranti che hanno chiesto ospitalità nella sola notte fra il 12 e il 13 agosto.
Solo a partire dal 2017 la cittadinanza del Briançonnais ha ormai accolto oltre 25 mila persone. Ma «ancora oggi – denunciano le associazioni Refuges solidaires e Terrasses solidaires, punti di riferimento di una vasta rete associativa – Refuges solidaires si sostituisce allo Stato sul territorio sia in termini di alloggio d’urgenza che di accoglienza dei rifugiati. Lo Stato non ha mai dato nessuna risposta alle situazioni critiche che questo luogo di accoglienza fronteggia. Ciò aggrava la precarietà della popolazione accolta. E tutto lascia pensare che il sovraccarico che pesa su Refuges solidaires si aggraverà a causa del flusso di rifugiati giunti dall’iniizio dell’anno in Italia e del costo dei trasporti pubblici in Francia, che penalizza le partenze verso le grandi metropoli».
È una calda estate, e però anche nella bella stagione, sottolineano Refuges e Terrasses, «in montagna i rifugiati rimangono persone vulnerabili. Spossati dai percorsi a piedi, hanno bisogno di un tetto, di ascolto, di qualcuno che si faccia carico dei loro problemi di salute».
Così, ancora una volta la rete solidale impegnata a Briançon chiede alle autorità statali un dialogo con la Prefettura e l’apertura di un centro di accoglienza d’urgenza mobile: «A questo proposito potrebbero essere subito attivate le associazioni di sicurezza civile autorizzate, come la Croce Rossa».
Il centro delle Terrasses solidaires (tiers lieu, come si dice oltralpe, “luogo terzo” di condivisione e partecipazione e non solo ostello per migranti) è stato realizzato da vari organismi di solidarietà locali e nazionali (oltre a Refuges Solidaires, EKO, Low-tech et Réfugiés, Tous migrants, Médecins du Monde et Secours Catholique) e sostenuto da varie fondazioni e da numerosi cittadini.
Sui percorsi d’alta quota, 10 giorni fa l’ultima vittima della frontieraStrada militare d’alta quota del Gondran, sulle montagne fra la località turistica di Montgenèvre e Briançon: il 7 agosto, dieci giorni fa, un ciclista trova il corpo di un giovane migrante. Non si sa ancora da quale Paese sia partito e perché abbia perso la vita in un luogo così impervio. Ma è solo l’ultima vittima fra i migranti che tentano di attraversare, su percorsi rischiosi, la frontiera italo-francese militarizzata da otto anni. Fra Liguria, Piemonte e versante transalpino il progetto Missing Migrants dell’OIM conta 35 morti dal 2014. Però i morti sarebbero ben 46, e dal 2015 fino al solo maggio 2022, secondo l’ultimo report di MEDU sulla frontiera alpina nord-occidentale (vedi sotto), che cita come fonte l’organizzazione Border Forensics. Ricroda il report di MEDU: «La frontiera italo-francese, seppur quasi del tutto priva di episodi di violenza fisica da parte degli enti governativi, risulta tutt’oggi un luogo militarizzato in cui avvengono quotidianamente respingimenti da parte della polizia francese». |
Testimonianze dal versante italiano/1: “Nessuno dopo lo sbarco ci ha dato assistenza medica”
«Hadja arriva al Rifugio Massi di Oulx dopo essere stata respinta al confine italo-francese del Monginevro. Ha passato la notte in montagna a camminare con il marito per raggiungere la Francia ma è stata respinta dalla polizia francese. Fa fatica a stare in piedi. Il suo viaggio è iniziato da tre anni. Dieci giorni fa è riuscita a salire su una barca dalla Tunisia verso l’Italia. Era incinta al terzo mese, ha raccontato che ‘’nella barca mancava acqua e cibo, ci abbiamo messo tre giorni e le onde alte rischiavano di farci ribaltare’’. Arrivata a Lampedusa ha iniziato ad avere perdite. ‘’Ho chiesto sempre il dottore ma c’era tanta gente e poi ci hanno portati in un altro campo in cui non c’erano medici’’. Quando l’abbiamo incontrata era disidratata e debole, aveva perso il bambino, e a distanza di dieci giorni non era riuscita ancora ad accedere all’assistenza medica».
È una testimonianza resa lo scorso 4 agosto da Federica Tarenghi, medico del team di MEDU (Medici per i diritti umani) ad Oulx, in alta Valsusa, dove ha sede il Rifugio Massi per l’accoglienza dei migranti e rifugiati che tentano il passaggio del vicino confine francese. Aggiunge Tarenghi: «Diverse persone visitate dal nostro team dichiarano di non essere riuscite a ricevere assistenza medica e legale una volta sbarcate in Italia».
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Testimonianze dal versante italiano/2: a fine luglio soccorse 180 persone in una notte
«La situazione alla frontiera francese della Val di Susa sta diventando incandescente. Questa notte il nostro personale sanitario insieme a quello della Croce Rossa di Susa e ai volontari e agli operatori di Talità Kum ha soccorso 180 persone. Il rifugio Fraternità Massi, oltre ai 76 posti ordinari e all’attivazione di posti di emergenza nei moduli esterni di R4A (l’ONG Rainbow for Africa, ndr), si è trovato ad accogliere 42 persone nel salone mensa e altri 10 nei sacchi a pelo in giardino. Ventun persone sono state mandate al polo logistico della CRI a Susa e altre 24 sono state supportate in frontiera. Tra questi, moltissimi sono i minori non accompagnati. La logistica e l’organizzazione delle realtà non profit, come la nostra e quelle con cui collaboriamo quotidianamente, impegnate nei soccorsi e in accoglienza sono al limite. Questa notte grazie al clima mite e a una forte collaborazione siamo riusciti ad accogliere tutti coloro che ne avevano bisogno. Siamo certi, però, che qualora il tempo dovesse peggiorare a pagarne le conseguenze saranno uomini, donne e bambini che non sapremo come ospitare e curare» (Rainbow for Africa su Facebook, 28 luglio 2023).
Due settimane dopo, il 13 agosto, Rainbow annotava: «Negli ultimi 20 giorni il rifugio Fraternità Massi ha visto circa 100 presenze per notte. Sicuramente, con l’aumento delle violenze nel continente africano vedremo crescere sempre più il numero di persone che cercano di passare il confine francese, insieme agli sbarchi».
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