La sofferenza e la violenza nel cuore dell’Europa, la sofferenza e la violenza alle sue frontiere, e oltre: le ha avvicinate la fondazione Migrantes provando a ragionare sulla cronaca di ieri e sull’accordo UE-Turchia del 18 marzo, in forza del quale gli hotspot sulle isole greche sono diventati centri di detenzione. Negli approfondimenti, le posizioni sull’accordo dell’UNHCR, di Amnesty International, del Centro Astalli e del CIR.
«La nuova strage di Bruxelles non può diventare una ragione in più per innescare un doppio percorso di sofferenza per i migranti: costretti a lasciare i loro Paesi, fermati e rifiutati ai confini dell’Europa». La sofferenza e la violenza nel cuore dell’Europa con gli attentati nella capitale belga, la sofferenza e la violenza alle sue frontiere, e oltre: le ha avvicinate la fondazione Migrantes provando a ragionare sulla cronaca di ieri e sull’accordo UE-Turchia del 18 marzo.
«Il dolore e la rabbia per gli attentati – ha affermato il direttore della Migrantes mons. Giancarlo Perego – non possono fermare la tutela e la protezione internazionale di chi è in fuga dalla guerra e dalla persecuzione. La sicurezza oggi non è a rischio per l’arrivo di persone che hanno visto le loro case e la loro vita distrutte da bombardamenti e da violenze, ma per un terrorismo irrazionale nato e cresciuto anche dentro le nostre città europee».
Libia, Nigeria, Mali: anche là il terrorismo in casa
Argomenta la fondazione Migrantes in un comunicato: «Troviamo inquietante che chi sta arrivando in Grecia da lunedì 21 marzo venga considerato “irregolare”. E se per 71 mila siriani sembra rimanere la possibilità di entrare regolarmente dalla Turchia in cambio di altre persone arrivate “irregolarmente” in Grecia, ci chiediamo: che fine faranno gli iracheni, gli afgani, i pakistani e le persone in fuga dal Bangladesh, quelle che fuggono da Etiopia, Eritrea, Somalia e da altri Paesi africani, dove, a loro volta, alcuni gruppi di estremisti stanno mettendo a dura prova la popolazione, quali la Libia, la Tunisia, la Nigeria, il Mali?».
Nel 2015 hanno chiesto asilo nei confini dell’Unione europea più di 1.200.000 persone, ma questo è avvenuto su una popolazione di oltre 500 milioni di abitanti. «È vergognoso che il continente più ricco al mondo, quale è l’Europa, di fronte alla crisi di rifugiati più grave dopo la Seconda Guerra Mondiale, non riesca a fare di meglio che chiudere i propri confini», protesta Migrantes.
In ogni caso, «le domande d’asilo complessive non possono rimanere tutte a carico solo dei primi Paesi di approdo (Italia, Grecia, e Malta) o di chi non ha chiuso le proprie frontiere (Germania, Svezia e pochi altri). La decisione di chiudere le proprie frontiere – l’Ungheria è stata la prima, seguita a ruota da Austria, Slovenia e Croazia – non può essere una pratica accettata in Europa, quella stessa Unione Europea che proclama che la solidarietà è alla base dei propri principi costituivi e fondativi».
“La sicurezza non nasce dietro un muro”
Quali che saranno le scelte, comunque, non saranno muri o frontiere fortificate a fermare i flussi migratori dei nostri anni. Cambieranno le rotte (su «vie piene di ostacoli… più a lungo in mano ai trafficanti di esseri umani»), ma non i numeri delle persone in fuga.
«Se non riscopriremo presto che quello che potrà salvare loro è anche quello che può salvare noi – è l’appello della Migrantes -, saremo costretti a riconoscere che chiudendo le frontiere, violando i trattati internazionali e respingendo le persone che fuggono o provando a farle entrare con il contagocce, a perderci di più saremo noi: l’Unione Europea che sembra aver dimenticato che i diritti umani non basta scriverli sulla carta, bisogna metterli alla base delle proprie azioni. La sicurezza, anche dopo gli attentati di queste ore a Bruxelles, non può nascere dalla chiusura, ma dal riconoscimento delle persone che va oltre l’identificazione. Da una relazione nuova con le persone. Da percorsi di inclusione: tutto ciò che esclude alimenta contrapposizione e conflittualità. O l’Europa ritorna sui passi della solidarietà o non avrà futuro!».
Collegamenti
Accordo UE-Turchia/ “Un mercanteggiamento sulla testa e la pelle dei rifugiati” (CIR, 18 marzo 2016)
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