Nel 2023 anche alcuni fra i Paesi più sviluppati come il Canada (185 mila sfollati per incendi forestali) e la Nuova Zelanda (14 mila sfollati sotto i colpi del ciclone Gabrielle) hanno registrato i dati più gravi di sempre a proposito di sfollamento da disastri climatici. Il monito dell’IDMC: «Lo sfollamento da disastri può colpire chiunque e ovunque». Il cambiamento climatico rischia, entro il 2100, di far crescere la temperatura media della Terra di 4 gradi rispetto all’età preindustriale. Questo metterà in movimento milioni di persone. Ma secondo la saggista Gaia Vince, «abbiamo la possibilità di gestire questo movimento planetario: potrebbe essere una transizione pianificata, organizzata e pacifica verso un mondo più sicuro e più giusto».
Il 2023 è stato un anno in parte anomalo per lo sradicamento forzato da disastri naturali. I terremoti e le attività vulcaniche, cioé gli eventi geofisici, non collegabli al cambiamento climatico, hanno causato quasi un quarto degli sfollamenti interni da disastri registrati in tutto il mondo: la cifra assoluta è analoga agli sfollamenti da eventi geofisici di tutto il settennio precedente.
Invece, dopo i livelli “record” del 2022, nel 2023 lo sradicamento dovuto a eventi meteo ha visto una diminuzione pari a un terzo, in parte per la fine della fase di riscaldamento oceanico della “Niña” nel Pacifico equatoriale.
«Comunque – come informa l’edizione 2024 del Global report on internal displacement dell’IDMC (International displacement monitoring centre) – alluvioni e tempeste sono rimasti la causa del maggior numero di sradicamenti da disastri, come ad esempio il milione e 400 mila persone messe in fuga dal ciclone Freddy in sei Paesi dell’Africa sudorientale», peraltro in un quadro generale aggravato da incendi e siccità sempre più diffuse.
«Non tutti gli eventi di origine atmosferica sono il risultato del climate change, ma quest’ultimo rende alcuni rischi più frequenti e intensi e le comunità più vulnerabili». Nel 2023 anche alcuni fra i Paesi più sviluppati del mondo come il Canada (185 mila sfollati per incendi forestali, oltre il 40% del totale globale per questo tipo di calamità) e la Nuova Zelanda (14 mila sfollati sotto i colpi del ciclone Gabrielle) hanno registrato i dati più gravi di sempre.
«Lo sfollamento da disastri – è il monito dell’IDMC – può colpire chiunque e ovunque». Sempre a livello globale, due terzi delle persone messe in fuga da incendi si sono registrati solo fra Canada e Grecia.
Nell’ultimo anno, in tutto il mondo i disastri hanno causato un totale di 26,4 milioni di sfollati contro i 32,6 del ’22. Il dato 2023 rimane il terzo per gravità dell’ultimo decennio. Mentre alla fine di questo stesso anno le vittime di disastri nella condizione di sfollati erano 7,7 milioni (-11% rispetto alla fine del ’22).
Climate change e migrazioni: “Serve un piano”«Non siamo spettatori impotenti. Ma oggi non abbiamo un piano coerente, stiamo semplicemente assistendo al riscaldamento del nostro pianeta e reagiamo a ogni nuovo colpo – ogni siccità, ogni tifone, ogni foresta in fiamme, ogni barcone di migranti – con un nuovo rattoppo. Dobbiamo prendere in mano il nostro futuro e questo significa fare un piano per salvaguardare il benessere di tutti gli esseri umani, ricchi e poveri di ogni continente, mentre stiamo per affrontare le sfide ambientali dei prossimi decenni . Dobbiamo avere il coraggio di immaginare una maniera diversa di essere umani, e questo comprende la scelta di far sì che le persone siano libere di spostarsi nel mondo alla ricerca di luoghi sicuri». Nel saggio Il secolo nomade: come sopravvivere al disastro climatico (Bollati Boringhieri 2022, pp. 288, euro 27), la ricercatrice e giornalistica scientifica inglese Gaia Vince si confronta con uno scenario climatico che prevede entro il 2100, considerate le politiche correnti messe in atto dopo la COP 26 di Glasgow (2021), un aumento di 4 gradi della temperatura media del pianeta rispetto all’età preindustriale È un aumento ben al di sopra del timido “impegno” internazionale di circoscriverlo a un grado e mezzo, ma si trova purtroppo «a metà strada fra il sicuramente possibile e il ragionevolmente probabile», come afferma Vince citando dati dell’IPCC delle Nazioni Unite e del Met Office del Regno Unito. E causerebbe, fra l’altro, la migrazione di milioni di persone verso terre dal clima sopportabile, in particolare verso le regioni settentrionali dell’America, dell’Europa e dell’Asia. Con uno strascico di sofferenze, certo, problemi, conflitti. Ma, afferma l’autrice, «abbiamo la possibilità di gestire questo movimento planetario. Potrebbe essere una transizione pianificata, organizzata e pacifica verso un mondo più sicuro e più giusto. Con la cooperazione e la regolamentazione internazionale, potremmo e dovremmo rendere la Terra vivibile. Vale la pena di provarci». Anche perché «spostarsi è un comportamento umano naturale» e «la migrazione è una questione economica, non una minaccia alla sicurezza sociale. Favorisce la crescita e riduce la povertà». |
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