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Europasilo, è “call to action”: le proposte della giornata di Parma per resistere al decreto immigrazione e sicurezza

L’instant report (“call to action”) e le proposte maturate alla giornata di formazione e confronto “L’asilo resiste”, organizzata a Parma dalla rete Europasilo. Fra le tante idee, quella di una campagna nazionale di accoglienza degli “esclusi” dal decreto immigrazione e sicurezza.

(Foto Europasilo 2018).

 

Corridoi umanitari a gestione europea, visti umanitari europei (come già chiesto dalla commissione Libertà civili dell’Europarlamento), la promozione di un servizio di tutela legale territoriale, un sostegno deciso alla campagna Welcoming Europe, una riforma delle norme  sull’immigrazione (anche quella cosiddetta “economica”), la promozione di un osservatorio di denuncia, informazione e controllo sulle frontiere e la “convocazione” di un tavolo nazionale sui corridoi umanitari: sono le proposte della rete Europasilo uscite dal gruppo di lavoro “Libertà di movimento” durante la giornata di formazione e confronto L’asilo resiste, organizzata dalla rete nazionale  a Parma, a dicembre, per provare ad arginare come società civile gli effetti del decreto immigrazione e sicurezza.

«Bisogna uscire dal paradigma giuridico, bisogna trovare uno strumento di mobilitazione sociale e politica che “rimandi” il problema delle frontiere sul territorio», hanno affermato i 28 partecipanti al gruppo di lavoro.

A Parma altri tre gruppi si sono interrogati sui temi “Garanzia dei diritti”, “Difendere l’accoglienza”, “La sfida della comunicazione”. E tutte le riflessioni e idee della giornata sono state diffuse in un “instant report-call to action” che restituisce anche le testimonianze flash portate dai singoli partecipanti (v. l’allegato a questa news).

Il gruppo “Garanzia dei diritti” propone di promuovere, fra l’altro, un servizio di tutela legale territoriale; di «rivendicare, anche attraverso azioni legali, il diritto all’iscrizione anagrafica e alla residenza dei richiedenti asilo», perché «l’accesso ai servizi attraverso il solo domicilio è inaccettabile»; e di rivendicare la non-retroattività della legge: «Le domande di protezione presentate prima del 5 ottobre 2018 devono essere esaminate secondo la normativa previgente e le persone devono godere dell’accoglienza. Ora si deve arrivare all’aspetto giudiziario, perché la norma è letta, anche dal Servizio centrale (dello SPRAR, ndr), come se chiedesse di non ricevere segnalazioni perché non può riceverle. Invece il Servizio centrale deve rispondere, non avendo il potere per negare l’accoglienza», perché la legge non lo nega. Qui «la questione è – puntualizza il gruppo di lavoro (55 partecipanti) -: si fa ricorso al giudice? Si impugna il diniego di fronte al TAR? Sarà sufficiente una decina di casi, va scelto qualche caso pilota, in diverse località, molto rapidamente, perché se non si fa adesso non si fa più… Se non ci saranno contenziosi nei prossimi sei mesi vorrà dire che avremo abbandonato le persone a loro stesse».

Dai 104 partecipanti al gruppo “Difendere l’accoglienza” emerge la proposta di una campagna nazionale «mirata all’accoglienza degli esclusi a causa del decreto: potremmo chiamarla “Io accolgo le pietre di scarto” o “Accoglienza non governativa”… Praticamente l’idea sarebbe quella di dare rilevanza», sotto un’unica iniziativa, «a chi ha scelto di accogliere persone rimaste senza accoglienza».

Ma si potrebbe anche boicottare i bandi CAS lanciando una campagna di rifiuto alla partecipazione e/o impugnando i bandi. E infatti, denuncia il gruppo di lavoro, «qualunque altro servizio sociale di qualunque genere ha un costo pro capite e pro die maggiore. Non si tratta solo di alzare di qualche euro la quota, ma di ribadire l’approccio all’accoglienza integrata e diffusa in un sistema unico. Nel nuovo sistema invece gli operatori solo “carcerieri”…».

Però bisogna anche rivendicare l’accesso allo SPRAR per i titolari di protezione umanitaria (gli unici esclusi in toto), a causa della «manifesta irragionevolezza e i profili discriminatori» che viziano il decreto immigrazione e sicurezza. E richiedere una presa di posizione del Servizio centrale sulla durata dell’accoglienza post-riconoscimento nello SPRAR: infatti gli accolti «non possono rimanere solo sei mesi, considerato anche come arriveranno dai CAS…».

Infine, per voce del gruppo “La sfida della comunicazione” (69 membri), Europasilo propone una rete di comunicatori del settore dell’accoglienza e un osservatorio nazionale sulle conseguenze pratiche del decreto.

«L’idea – spiega il gruppo – potrebbe essere quella di produrre dei report destinati alla diffusione attraverso diversi canali, per far capire quello che sta accadendo. L’obiettivo è vasto e deve coinvolgere anche altre realtà, come università e centri di ricerca: vedi per esempio Escapes e il gruppo RiM-Ricercatrici e ricercatori sulle migrazioni del Veneto».

“Disobbedienza”, non supplenza

«È importante soffermarsi sia su azioni di impatto politico/di denuncia (restituendo sempre una dimensione pubblica e di “disobbedienza”, non di supplenza alle mancanze del sistema pubblico e agli effetti collaterali che si produrranno in termini di produzione di irregolarità e marginalità sociale), sia su azioni di contrasto all’applicazione della nuova norma, riducendone quindi l’impatto» (dalle proposte del gruppo di lavoro “Difendere l’accoglienza”, Parma, 15 dicembre 2018).

Allegato

“L’asilo resiste” (Parma, 15 dicembre 2018): l’instant report (file .pdf, dicembre 2018)

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