33,9 milioni di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo nel 1997, 65,6 milioni oggi: una comunità internazionale sempre più incapace di fronteggiare i “danni collaterali” di guerre, violenze e persecuzioni si ritrova a “celebrare” con queste cifre (pubblicate nel nuovo rapporto Global Trends 2016 dell’UNHCR) la Giornata mondiale del rifugiato 2017.
522.200 rifugiati rientrati nelle loro terre d’origine in un anno: anche se questi rientri (perlopiù in Afghanistan) spesso non sono avvenuti nelle condizioni migliori, il dato è doppio rispetto all’anno precedente.
Ma nello stesso anno, il 2016, guerre e persecuzioni hanno prodotto 10,3 milioni di nuove persone sradicate, 20 volte tanto i rifugiati rientrati: 6,9 milioni di sfollati interni, cioè persone rimaste nei confini dei loro Paesi, e 3,4 milioni fra richiedenti asilo e rifugiati all’estero.
A livello mondiale l’UNHCR, che presenta oggi a Roma il rapporto Global Trends 2016, stima la presenza di 65,6 milioni di persone sradicate alla fine del 2016 (300 mila in più del 2015): 22,5 milioni di rifugiati, 40,3 milioni di sfollati interni, più 2,8 milioni di richiedenti asilo.
Il totale globale di 65,6 milioni non era mai stato raggiunto in 70 anni di storia. Nel 1997, vent’anni fa, era “appena” di 33,9 milioni.
La metà sono bambini e ragazzi
Alla fine dell’anno scorso la Siria aveva ormai oltre la metà della popolazione sfollata o fuggita all’estero (perlopiù nei Paesi confinanti). Il neonato Sud Sudan, indipendente dal 2011, ha registrato la più rapida crescita di rifugiati all’estero in un semestre, da 854 mila a 1,4 milioni a fine 2016. Il Paese con più rifugiati nei confini si conferma la Turchia (2,9 milioni) seguita dal Pakistan (1,4). Ma in Libano c’e’ un rifugiato ogni sei cittadini.
Nel complesso, l’84% dei rifugiati sotto mandato UNHCR sono accolti dai cosiddetti “Paesi in via di sviluppo“. Le dinamiche dello sradicamento forzato globale fanno sì che bambini e ragazzi under 18 abbiano una probabilità maggiore di altre classi d’età di diventare rifugiati: rappresentano il 51% del totale di questa categoria di persone, ma solo il 31% della popolazione mondiale.
Una (minima) nota positiva nel disastro umanitario globale: sempre nel 2016 sono stati 189.300 (più 77% rispetto al 2015) i rifugiati reinsediati da Paesi d’accoglienza precari e insicuri verso i Paesi più prosperi della terra, soprattutto gli USA (ancora sotto la presidenza Obama), il Canada e l’Australia.
Se i dati non dicono tutto…
«Il Global Trends è una valutazione statistica – precisa l’UNHCR – e, in quanto tale, un certo numero di sviluppi chiave relativi al fenomeno delle migrazioni forzate verificatisi durante il 2016 non sono stati considerati. Tra questi vale la pena citare una maggiore politicizzazione delle questioni relative al diritto di asilo in molti Paesi e restrizioni crescenti all’accesso alla protezione in alcune regioni».
L’Alto Commissariato ONU ricorda, sempre per il 2016, anche alcuni «sviluppi positivi» quali i vertici su rifugiati e migranti nel settembre 2016, la conseguente “Dichiarazione di New York” e il “nuovo approccio” nella gestione delle migrazioni forzate intrapreso nell’ambito del Comprehensive Refugee Response Framework. Un attivismo diplomatico e “normativo” che però suona tragicamente vacuo di fronte al continuo aggravarsi, nei numeri e nei fatti, dell’emergenza umanitaria globale.
Allegato
Global Trends 2016, il rapporto integrale (file .pdf 6,6 mbyte)
Collegamenti
Global Trends 2016, il comunicato in italiano
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