Ogni giorno sono una ventina i rifugiati trasferiti dalle Isole dell’Egeo nella Grecia continentale che, alla fine, ritornano a Lesbo. A settembre questi ritorni sono stati circa 400, a causa delle dure condizioni di vita sul continente e dell’impossibilità di lasciare il Paese ellenico. È l’ultimo paradosso nel Paese a cui l’Unione Europea ha affidato nel 2016 il ruolo di “contenitore” di rifugiati e migranti. Ma in questi giorni la Grecia ha visto anche una storica condanna del partito razzista di Alba Dorata, e 29 ONG hanno chiesto al Parlamento un’inchiesta ufficiale sulla pratica dei respingimenti illegali e clandestini verso la Turchia: almeno 1.100 quelli nelle acque dell’Egeo, mentre in questi mesi si sono aggiunte le testimonianze sulle “nuove” espulsioni altrettanto illegali dai centri all’interno del Paese.
Ogni giorno una ventina di persone riconosciute come rifugiati e trasferite nella Grecia continentale fanno ritorno a Lesbo. A settembre questi “ritorni” sono stati circa 400, a causa delle dure condizioni di vita sul continente e dell’impossibilità di lasciare il Paese ellenico: i quotidiani hanno denunciato tra l’altro la situazione di decine di rifugiati arrivati dalle Isole e costretti a dormire in piazza della Vittoria, ad Atene, come senzatetto.
L’ultimo paradosso del Paese che l’UE ha scelto nel 2016 come “contenitore” di rifugiati e migranti è stato riferito dallo European council for refugees and exiles (ECRE) negli stessi giorni in cui nel Paese ellenico, una volta tanto, si registrava tuttavia anche una buona notizia: la condanna emessa dalla Corte d’appello di Atene contro sette ex parlamentari del partito razzista di estrema destra Alba Dorata, fa cui il suo leader, per aver guidato o fatto parte di un’«organizzazione criminale».
Lesbo, prove d’inverno
Intanto a Lesbo il campo di tende provvisorio che, vicino a Kara Tepe, ha sostituito il centro di Moria andato distrutto a settembre, ospita oggi più di 9.000 persone, ancora una volta fra precarietà, disagi e il massiccio controllo delle forze dell’ordine: 243 i casi di coronavirus riscontrati al 20 settembre, attese di ore per entrare e uscire dal campo, mentre le piogge e il vento dei giorni scorsi hanno già fatto capire agli “ospiti” che cosa rischiano in questo autunno e nel prossimo inverno (anche se, a metà settembre, la Commissione Europea ha confermato che intende costruire e co-gestire un «moderno» campo rifugiati).
Respingimenti illegali, le ONG: “È ora di un’inchiesta ufficiale”
Ma in Grecia risuonano sempre più forti anche il disagio e la preoccupazione per l’ondata di respingimenti illegali in questo 2020, in violazione del principio di non refoulement e del divieto di espulsioni collettive.
La scorsa settimana 29 ONG nazionali e internazionali (fra cui Amnesty International, Human Rights Watch, Action Aid Grecia e il Legal Centre di Lesbo) hanno chiesto al Parlamento di Atene, con una lettera aperta, un’inchiesta ufficiale sui «rinvii illegali di migranti verso la Turchia, che comprendono respingimenti “informali” ed espulsioni collettive ai confini di terra e di mare greco-turchi».
Il documento cita fra l’altro le «preoccupazioni» già espresse sulla vicenda anche dall’OIM e dall’UNHCR fra la tarda primavera e l’estate, e che già citavano «insistenti testimonianze» sui «rinvii informali in Turchia di uomini, donne e minori subito il loro arrivo in territorio greco» ed espulsioni «anche violente».
Secondo un’approfondita inchiesta del New York Times, sono almeno 1.072 i migranti che Atene ha espulso segretamente dai suoi confini nel Mar Egeo fra marzo e ferragosto, in 31 episodi. Molti di loro sono stati portati al limite delle acque territoriali e abbandonati su zattere di salvataggio gonfiabili.
Novità “dall’interno”: espulsioni illegali anche dal centro del Paese
A questo quadro, negli ultimi mesi si sono aggiunte le testimonianze e le denunce su centinaia di casi di espulsioni illegali, anche violente, attuate dalle forze dell’ordine dall’interno del territorio ellenico, in centri lontani anche centinaia di chilometri dalle zone di confine. Fra le persone prese di mira vi sono i richiedenti asilo in possesso della carta ad hoc che consentirebbe loro il soggiorno per sei mesi. La polizia sceglie quasi sempre uomini, li arresta e li trasferisce al confine di terra della regione dell’Evros, li spoglia degli effetti personali e dei documenti e li respinge nelle acque del fiume Evros, dopo averli imbarcati a forza su gommoni.
Solo fra marzo e l’inizio di maggio il Border Violence Monitoring Centre (BVMN), una rete di ONG con sede perlopiù nei Balcani e in Grecia, ha contato 194 di questi casi. «Anche se i respingimenti “informali” dalla Grecia alla Turchia sembrano essere una pratica costante – riferivano ai primi di maggio gli attivisti del BMVN – è raro che dei gruppi siano trasferiti dai campi delle città al centro del Paese o, su una scala simile, da centri di detenzione interni. Nel contesto dell’attuale chiusura dell’Ufficio greco per l’asilo e delle restrizioni per il COVID-19 (in quelle settimane si era nel pieno del lockdown, ndr), la repressione dei richiedenti asilo e della comunità più ampia dei migranti in transito sembra oggi aver raggiunto lo zenit».
Però anche dopo l’allentamento delle restrizioni questi episodi non si sono fermati.
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