I rifugiati dell’ex caserma occupata di corso Chieri, a Torino, al centro di due iniziative. «Raccontare la nostra esperienza non è mai facile…».
di Chiara Cestari
Chieri, 28 giugno: l’incontro
L’esterno del locale di piazza Caselli a Chieri (Torino), sede di diverse associazioni, brulica di persone. È in corso una serata dedicata ai rifugiati somali che abitano nell’ex caserma occupata di corso Chieri 19, a Torino, organizzata da loro stessi e dal Comitato pace e cooperazione, dall’Associazione Patchanka e dal laboratorio politico Il Cubo.
Si respira un clima disteso e rilassato, e dopo una cena somalo-italiana, arriva il momento in cui grazie all’aiuto di Zara – una donna somala giunta in Italia nel 2000 che da molti anni ormai lavora come mediatrice culturale – e al suo lavoro di interprete, diversi rifugiati raccontano la loro esperienza ed esprimono i propri pensieri sulla situazione che hanno lasciato nel loro Paese d’origine e su quella che hanno trovato in Italia.
«In Somalia il terrorismo ha plagiato la mente dei giovani – racconta Nageye, arrivato nel 2008 – e la situazione era talmente disastrosa che quando da ragazzini si andava a scuola non si aveva la certezza di ritornare dai genitori sani e salvi».
Tra tutti colpisce il pensiero di Mohammed: «Queste occasioni di incontro con la comunità locale sono belle e importanti per noi, ma raccontare la nostra esperienza non è mai facile, anzi, è spesso straziante. Speriamo sempre che oltre a momenti di festa come questo, arrivi finalmente il momento in cui si riusciranno a cambiare concretamente le cose per migliorare la nostra situazione in Italia».
Al termine della serata arriva a tutti l’invito di partecipare alla festa dell’Indipendenza della Somalia, che si terrà tre giorni dopo alla Casa del Quartiere di San Salvario, sempre a Torino.
Torino, 1° luglio: l’Indipendenza
La signora Ajaba, che vive in Italia da trent’anni, alla Casa del Quartiere inizia a tradurre per noi e afferma: «E’ la prima volta che la festa per l’Indipendenza è stata organizzata così bene, non c’è mai stata tanta gente… tutto merito dei ragazzi di corso Chieri, alcuni sono arrivati da pochissimo e hanno già voglia di organizzare iniziative e di coinvolgere persone diverse». Forse per liberarsi dal ricordo della guerra civile, di un viaggio pericoloso per arrivare in Europa, oppure del trattamento umiliante ricevuto una volta sbarcati in Italia.
Senza dimenticare il legame storico tra Italia e Somalia, spesso rievocato da queste persone: per molto tempo l’italiano è stato la seconda lingua nazionale e, ancora decenni dopo l’indipendenza, l’immigrazione italiana in Somalia era notevole. Chi arrivava in quelle terre riceveva un trattamento dignitoso e trovava lavoro con facilità.
Al contrario, i giovani somali giunti in Italia negli ultimi anni si sono imbattuti in situazioni difficilissime. E ora, consapevoli della crisi che sta attraversando il nostro Paese, si augurano di poter dare il loro contributo, insieme, per cambiare le cose affinché i tutti i giovani, italiani e stranieri, abbiano l’opportunità di costruirsi un futuro.
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