Secondo un’indagine del Parlamento europeo, nei Paesi dell’Ue si registrano ampie e preoccupanti disparità nel gestire le richieste di protezione “gender-related”. Nel territorio dell’Unione sono donne un terzo di tutti i richiedenti asilo.
Sono donne circa un terzo di tutte le persone che chiedono protezione nell’Unione europea. Fuggono da violenze e abusi, torture e maltrattamenti. Hanno diritto all’asilo come tutte le persone costrette a lasciare il proprio Paese per persecuzioni di genere. Eppure «nei Paesi dell’Ue si registrano ampie e preoccupanti disparità nel gestire le richieste d’asilo gender-related. Ne consegue che le donne in cerca di protezione in Europa non trovano un trattamento effettivamente aperto alle diversità di genere: troppo spesso si trovano di fronte a normative e politiche che non offrono standard accettabili, mentre quelle sensibili alla diversità di genere non vengono messe in pratica».
Questi, in sintesi, i risultati della ricerca Gender related asylum claims in Europe, pubblicata di recente dal Parlamento europeo nell’ambito del “Progetto Gensen” e realizzata in 9 Paesi dell’Unione (Belgio, Italia, Spagna, Francia, Malta, Svezia, Ungheria, Romania e Regno Unito) intervistando 60 donne fuggite da 27 Stati diversi e che hanno fatto domanda d’asilo nell’Ue a partire dal 2008; inoltre, i ricercatori hanno vagliato le risposte di 132 questionari distribuiti a giuristi, avvocati, magistrati, Ong, centri di accoglienza, personale dell’Unhcr e autorità nazionali impegnate nel settore dell’asilo nei 9 Paesi. La situazione italiana è stata monitorata dal Cir (Consiglio italiano per i rifugiati).
“Racconta pure la tua storia, davanti a tuo figlio…”
«Il bambino ha sentito tutto. A un certo punto ha chiesto di poter uscire perché non poteva sopportare quello che ascoltava»: è la testimonianza di una giovane donna dello Sri Lanka, richiedente asilo in Francia e costretta a portare con sé il figlio di sette anni al colloquio per la sua domanda di protezione.
«Quando siamo arrivati in Ungheria la polizia ci trattati in modo offensivo. Ci hanno controllati e abbiamo dovuto spogliarci. Per me, donna anziana, è stato davvero imbarazzante»: testimonianza di una richiedente asilo fuggita dal Kossovo.
Ma in giro per l’Europa si “concedono” anche sussidi economici così avari da non consentire di comprare pannolini, abiti, latte e altro cibo necessario ai bambini: come quello che riceve, nel Regno Unito, una terza richiedente asilo intervistata per la ricerca, fuggita dal Congo e con una figlia piccola. Quanto all’Italia si dibatte all’incirca nelle medesime difficoltà un’altra giovane intervistata: ha un figlio neonato e gli aiuti di base che riceve (vitto e alloggio) non le consentono di prendersi cura del bambino con un minimo di serenità.
Fra lacune e buone pratiche
Dalla ricerca Gender related asylum claims in Europe emerge che solo Malta, la Romania, la Svezia e il Regno Unito hanno adottato linee guida orientate al genere per indirizzare le commissioni che esaminano le richieste d’asilo. Un documento simile manca anche a livello europeo, mentre le Linee guida di genere dell’Unhcr sono trascurate in tutti i 9 Stati della ricerca.
In Francia, a Malta e in Romania le autorità a volte trascurano il dato di fatto che le mutilazioni genitali femminili (Mgf) possono essere una forma di persecuzione. In Francia e in Belgio le richieste d’asilo basate sul timore di subire Mgf e il rinnovo dei relativi permessi di soggiorno comportano un invasivo esame medico annuale. Nel Paese transalpino le ragazze che temono le Mgf non possono sperare nello status di rifugiate: al massimo possono sperare in un permesso di 12 mesi rinnovabile. La Spagna, invece, non riconosce tra le forme di persecuzione il traffico di esseri umani.
È noto che il trauma di una violenza sessuale può influenzare la coerenza dei resoconti della vittima; da questo punto di vista l’indagine segnala le “buone pratiche” di Malta e dell’Italia (una volta tanto…), dove nei colloqui per la concessione dell’asilo la soglia dell’onere di prova viene «abbassata nei casi di stupro e di violenza di genere».
Mentre il Belgio è l’unico Paese che offre una formazione orientata al genere al personale dei servizi di accoglienza per i migranti (nonostante che, tra l’altro, in tutti i Paesi esplorati dalla ricerca dell’Europarlamento si abbia notizia della diffusione di violenze e molestie sessuali negli stessi centri che offrono loro alloggio).
L’indagine dell’Europarlamento è completata da una serie di raccomandazioni ai Paesi membri e alle istituzioni dell’Ue, all’Easo (European Asylum Support Office) e alle Ong europee.
Allegato
Il testo completo della ricerca Gender related asylum claims in Europe. A comparative analysis of law, policies and practice focusing on women in nine EU Member States (in inglese)
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