di Silvia Ponzio
Una marcia lunga 1600 chilometri, da Reggio Emilia a Bruxelles, con un obiettivo ben chiaro: richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione, ormai cronica, che sta vivendo il Congo da vent’anni.
John Mpaliza, 42 anni, esule congolese fuggito dalla dittatura di Mobutu, vive e lavora in Italia dal 1994 dove ha conseguito una laurea breve in Ingegneria Informatica. Nonostante gli anni e la lontananza non ha mai dimenticato la sua amata Repubblica Democratica del Congo, dilaniata da soprusi, un genocidio negato e una guerra economica che mira allo sfruttamento minerario (negli ultimi anni è ricercatissimo il coltan, venduto sul mercato internazionale al prezzo dell’oro perché indispensabile all’industria dell’hi-tech). Questa guerra ha causato milioni di morti e sfollati nel silenzio generale.
John Mpaliza ha deciso di richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione che sta vivendo il Congo RD, attraversando a piedi tutta l’Europa. La sua è una marcia di denuncia, informazione e sensibilizzazione dal basso verso l’alto, partendo dalla gente comune, dai giovani, dalle associazioni fino ad arrivare al Parlamento Europeo a Bruxelles, dove, sabato 22 settembre, dopo due mesi di cammino, ha invitato le istituzioni a farsi carico delle loro responsabilità.
Sulla sua pagina facebook scrive:
“Mi sento di dire che marciare (insieme) può davvero aiutare a cambiare il mondo. Anche se si trattasse di un cambiamento infinitesimale. Sempre di cambiamento si parla. A volte un piccolo cambiamento può fare pendere l’ago della bilancia verso una situazione positiva e così fare la differenza. (…) Ci hanno tolto tutto!!! Con questa marcia spero di tenere viva una speranza o quella speranza che qualcosa un giorno potrà e dovrà cambiare. Tutto dipende da noi care amiche/cari amici. Tutto dipende da gente comune come voi e me”.
Aggiunge:
“Il futuro vero del Congo RD è nelle mani dei congolesi. Il futuro dell’Africa è nelle mani degli africani. Il futuro ce lo dobbiamo prendere. Il futuro ce lo dobbiamo costruire. Vi ringrazio ricordando l’importanza e la forza dell’opinione pubblica, della voce della Comunità Internazionale quando interviene seriamente. Facciamoci sentire. Aiutiamoci a vicenda. Oggi tocca a noi, domani potrebbe toccare a voi o ad altri”.
Un gruppo di attori della compagnia Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena (BO), che da anni lavora con rifugiati politici, ha accompagnato John per tutta la marcia, invitando artisti e intellettuali a unirsi. Grazie a loro il viaggio si è trasformato in un’opera d’arte, in un teatro itinerante che ad ogni tappa ha visto la narrazione di testimonianze congolesi e la lettura di opere letterarie da tutto il mondo. Scrivono di loro stessi e del progetto: “Come europei, come artisti, come gente di teatro che da tanti anni lavora con rifugiati, dei quali molti fuggiti dal Congo, non potevamo non rispondere a questo gesto di John. Troppo numerosi sono gli echi che questo gesto fa risuonare nella nostra storia, la nostra cultura, la nostra memoria. Il suo atto è esemplare, paradossale e al tempo stesso iperbolico”.
Il gran finale sarà il 29 settembre con lo spettacolo “Ombre che camminano. Congolesi e Artisti attraversano l’Europa”, frutto del workshop iniziato sabato 22 settembre, subito dopo l’arrivo, e al quale stanno partecipando attori professionisti e non, giovani e rifugiati provenienti da Bolivia, Congo, Afghanistan, Iraq, Belgio, Francia, Italia e Polonia. Questo percorso teatrale, raccontato da Pietro Floridia, drammaturgo e regista del Teatro dell’Argine nel suo blog “Impronte d’Europa”, cerca di mettere in atto l’auspicio che John ha lanciato sulla sua pagina di facebook: “La pace è possibile ma non può arrivare se non la si cerca. Questo è il mio contributo alla causa del mio amatissimo paese. Spero dia qualche aiuto concreto”.
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