Sono quasi 51 mila i richiedenti asilo e rifugiati accolti in zone di montagna nel 2016: i dati e le buone pratiche della ricerca “Montanari per forza” dell’associazione Dislivelli, di prossima pubblicazione.
Da un lato il progressivo spopolamento e abbandono di alcune valli, dall’altro il crescente bisogno di accoglienza di uomini, donne e bambini in fuga da guerre persecuzioni, povertà: possono queste due spinte che sembrano appartenere letteralmente a pianeti diversi dare vita a nuovi equilibri in cui i bisogni del territorio vengono incontro a quelli delle persone? Ha cercato di dare qualche risposta, muovendosi tra ricerca sul campo e analisi di database, la nuova indagine Montanari per forza. Quali opportunità per i migranti forzati nelle montagne italiane? Quali opportunità per le montagne italiane nell’accoglienza dei migranti forzati? dell’associazione torinese Dislivelli.
A caccia di buone pratiche
Dei circa 125.200 “migranti forzati” (richiedenti asilo o beneficiari di status di rifugiato, protezione sussidiaria o umanitaria) ospitati in CAS e SPRAR a luglio 2016 in tutta Italia, 50.800 erano accolti all’interno di zone montane (la ricerca Montanari per forza ha considerato solo CAS e SPRAR perché almeno le “terre alte” sono libere da strutture come i CARA…).
Se si guarda alla quantità di Comuni ospitanti rispetto al totale, emerge che «nelle aree montane i Comuni che ospitano migranti forzati sono in proporzione inferiori rispetto ai Comuni non montani. Se però osserviamo l’incidenza dei migranti rispetto agli abitanti, troviamo sovente dei valori molto superiori rispetto alle aree non montane. Quindi sinteticamente i Comuni che ospitano sono in proporzione pochi, ma quelli che ospitano lo fanno sovente in misura superiore rispetto alle proprie capacità di assorbimento».
Approfondendo la situazione in due regioni, il Piemonte e la Liguria, Dislivelli ha individuato in Piemonte sette “buone pratiche” che presenta nei dettagli: il progetto di accoglienza del Comune di Ormea (CN), il progetto “Parco solidale” del Parco naturale Alpi Marittime (ancora CN), il centro di accoglienza Crumière di Villar Pellice (TO), il progetto di micro-accoglienza diffusa in Valle di Susa (ancora nel Torinese), i progetti di accoglienza a Ceres e Pessinetto e l’associazione Morus ONLUS (sempre nel Torinese), il progetto “Pettinengo un paese che accoglie” (BI) e infine il progetto “Volontariato per richiedenti asilo” a Vogogna (VCO).
Gli ingredienti della qualità
Nei sette progetti i curatori dell’indagine Maurizio Dematteis (direttore di Dislivelli) e Alberto Di Gioia (docente a contratto al Politecnico di Torino) hanno individuato alcune caratteristiche ricorrenti: da «un attore locale forte e radicato responsabile del progetto» al coinvolgimento della realtà locale, dalle ricadute positive sul territorio alla cura della comunicazione, dalle attività lavorative e di volontariato per gli ospiti a un progetto capace di tener conto sia delle necessità degli stranieri che di quelle degli “autoctoni”.
La ricerca Montanari per forza è stata finanziata con il contributo della Compagnia di San Paolo ed è stata realizzata in collaborazione con l’Area Politiche sociali della stessa Compagnia, con il Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione (FIERI), con l’Area Lavoro e solidarietà sociale della Città Metropolitana di Torino e con la Direzione Coesione sociale della Regione Piemonte.
Il rapporto di ricerca, ancora inedito, sarà pubblicato a breve da Dislivelli.
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