Il fragile (non)equilibrio fra Polonia e Bielorussia sembra sgretolarsi ogni giorno di più. E mentre si sgretolano i rapporti e le vite umane sono poste in secondo piano, il progetto di costruire un muro anti-migranti, finanziato dall’UE, si riaffaccia e prende forza dalle parole del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
Nell’ambito delle commemorazioni per la caduta del muro di Berlino (evento in cui si è sempre festeggiato l’abbattimento del muro come il ritrovamento di libertà e giustizia), Michel aveva già dichiarato «Abbiamo aperto il dibattito sul finanziamento da parte dell’Ue dell’infrastruttura fisica delle frontiere. Questo deve essere risolto rapidamente perché i confini polacchi e baltici sono confini dell’Ue. Uno per tutti e tutti per uno»,
Tali dichiarazioni stanno via via diventando più stringenti, soprattutto dopo lo sfondamento della recinzione posta al confine fra Bielorussia e Polonia avvenuta poche ore fa che ha portato anche all’arresto di circa 50 persone da parte della polizia polacca. Quindi ieri, Charles Michel, incontrando il premier polacco Mateusz Morawiecki ha ribadito un concetto cruciale: «È legalmente possibile, nell’ambito del quadro legale attuale, finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell’Ue».
L’interrogarsi e il trovare supporto legale per finanziare e costruire muri e recinzioni in Unione Europea non è assolutamente un inedito. Anzi. Sono diverse le barriere che sono già state costruite: dall’Ungheria alla Grecia, dalla Bulgaria a Ceuta e Melilla, ma sempre per iniziativa dei singoli governi, mai con fondi europei. La questione polacca quindi ci riguarda ancora di più, non solo come esseri umani ma anche come cittadini di un’istituzione che veicolerebbe fondi pubblici (le nostre tasse) per ampliare la fortezza in cui ci arrocchiamo da anni.
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