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“Quel decreto (che non dà) sicurezza”: la Corte costituzionale sull’esclusione dall’iscrizione anagrafica

La Corte costituzionale ha stabilito che l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica viola la Costituzione per irrazionalità intrinseca e per disparità di trattamento. La campagna IoAccolgo: «Ora è necessario, ancora di più, modificare pesantemente i decreti sicurezza e immigrazione che continuano a fare danni».

Il primo decreto sicurezza non è in grado neanche di garantire ciò per cui è stato varato, appunto la sicurezza. Ha deciso così la Corte costituzionale, che ieri ha esaminato le questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno sulla norma che nel DL n. 113 del 4 ottobre 2018 ha voluto escludere dall’iscrizione anagrafica i richiedenti asilo.

La Corte, infatti, ha stabilito che questa norma viola l’art. 3 della Costituzione prima di tutto per irrazionalità intrinseca, «poiché… non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza», come si legge in un comunicato.

In secondo luogo, l’art. 3 della Carta costituzionale è violato per irragionevole disparità di trattamento, «perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti».

«Lo dicevamo sin dall’entrata in vigore del primo decreto Salvini – è il commento, fra gli altri, delle associazioni e degli organismi della campagna IoAccolgo -. Ora è necessario, ancora di più, modificare pesantemente i decreti sicurezza e immigrazione che continuano a fare danni». 

Iscrizione, ma perché?

Nel “lontano” giugno 2019, poco più di un anno fa, tre sindaci, quelli di Palermo, Siracusa e Crema hanno promosso l’appello’#dirittincomune, in cui chiedevano a tutti i loro colleghi di iscrivere nei registri anagrafici i richiedenti asilo, anche dopo l’entrata in vigore della conversione in legge del primo decreto sicurezza (la l. 132/18), rendendo così possibile ottenere il rilascio del certificato di residenza e della carta d’identità, utile a beneficiare di servizi pubblici quali l’asilo, la formazione professionale, l’accesso alle case popolari, la concessione di eventuali sussidi, o l’iscrizione a un centro per l’impiego. Sottolineava l’appello: «Sono in gioco diritti essenziali – si pensi a titolo di esempio al diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro, alle prestazioni sociali – che nei fatti spesso sono inaccessibili o compromessi in assenza di iscrizione anagrafica».

Leggi anche su Vie di fuga: il “dossier” iscrizione anagrafica

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

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