La rete nazionale EuropAsilo, le reti di enti locali Co.Co.Pa. e Recosol e il coordinamento piemontese Non Solo Asilo hanno elaborato un sintetico documento di servizio e proposta per offrire buone basi, a livello nazionale, alle discussioni pubbliche nei Comuni dove si desidera portare avanti iniziative di accoglienza di rifugiati nei nuclei familiari tenendo conto delle esperienze già compiute.
«È necessario cercare di aumentare sul territorio l’accoglienza in famiglia e in piccole comunità integrate sul territorio, per favorire l’integrazione dei rifugiati nelle comunità locali gestendo più efficacemente possibili tensioni e conflitti».
Lo affermano, in un agile documento di servizio e proposta, la rete nazionale EuropAsilo, il coordinamento piemontese Non Solo Asilo e le reti di enti locali Co.Co.Pa. e Recosol sulla base dei principi che, nel settore, guidano le sperimentazioni SPRAR in corso a Torino, Asti e Parma (vedi anche nelle notizie precedenti).
L’obiettivo è offrire buone basi, a livello nazionale, alle discussioni pubbliche nei Comuni dove si desidera portare avanti iniziative di accoglienza di rifugiati nei nuclei familiari tenendo conto delle esperienze già compiute, per evitare errori anche grossolani.
Il momento: la seconda e terza accoglienza
L’accoglienza in famiglia è da attivare di preferenza dopo il riconoscimento dello status e del permesso di soggiorno da parte della Commissione territoriale, suggerisce come primo punto il documento.
Trattandosi di progetti di “seconda” e “terza accoglienza”, è importante siano accompagnati da tirocini o da borse lavoro.
Facciamoci aiutare
Naturalmente è necessario che il beneficiario aderisca al progetto per libera scelta. Ma è anche necessaria la presenza di un “ente terzo” (cooperativa, organismo, associazione) che si occupi, coordinandosi con gli enti locali, della selezione-formazione delle famiglie, dell’abbinamento fra famiglie e i titolari di protezione e della supervisione del percorso comune.
«Si valuta come valore aggiunto la possibilità di incardinare l’accoglienza in famiglia nel sistema SPRAR».
I conti in tasca
«È da prevedere un rimborso spese per la famiglia che non deve essere un guadagno (di modo che non si apra un “mercato” delle accoglienze in famiglia), ma che neanche lasci la famiglia esposta alle spese vive». Per Parma, Torino e Asti si è pensato a un rimborso alla famiglia di 300 euro, più un pocket money di 100 euro al mese per il beneficiario.
È preferibile una durata di 6-9 mesi, prorogabili fino a 12 nel caso di situazioni di particolare vulnerabilità, o quando la proroga è utile a permettere al rifugiato di concludere il proprio percorso di autonomia. Occorre pensare a una copertura assicurativa sia per le famiglie che per i titolari di protezione.
Infine è necessario il coordinamento con le politiche di integrazione degli enti locali, «in modo che la presenza di rifugiati sul territorio non sia gestita soltanto dal privato sociale, ma si integri nel tessuto sociale e diventi una opportunità di crescita per l’intera comunità».
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