Senza casa e senza tutela – di Carlotta Venturi – Tau Editrice – Roma 2016 – pp. 144
«Il problema dei profughi ambientali non è tanto un problema legato al fatto se siano rifugiati o migranti, quanto una questione etica connessa al mancato o limitato riconoscimento di una serie di diritti umani, come quello alla sopravvivenza e alla conduzione di un tenore di vita dignitoso». È la prospettiva con cui Carlotta Venturi, storica e sociologa , guarda al tema delle migrazioni forzate per cause climatiche o geofisiche in questo agile saggio di sintesi e proposta uscito nella collana dei Quaderni della Fondazione Migrantes.
Cinque i capitoli della pubblicazione: “Il clima, l’ambiente e la mobilità umana”, “L’uomo e l’ambiente: una convivenza possibile?”, “Migranti o rifugiati? Una questione aperta”, “La sfida dell’ambiente e dei migranti nella Dottrina sociale della Chiesa” e “Imminenti sfide investono l’umanità”.
Interessante e utile, fra l’altro, la sintesi statistica basata sui rapporti dell’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), l’istituto che ad oggi fornisce i monitoraggi più accurati e costanti sull’argomento, per quanto limitati agli sfollati interni.
I cosiddetti “rifugiati ambientali” continuano a non godere di una forma di protezione codificata a livello ONU: «Non esiste una protezione internazionale per le migrazioni forzate causate da comportamenti umani non violenti, tra cui potrebbero rientrare anche quelle legate all’ambiente». A livello nazionale offrono tutele più o meno codificate pochi Paesi, fra cui gli USA, la Finlandia, la Svezia e l’Italia (quest’ultima non prevede una tutela specifica ma rilascia talvolta permessi di soggiorno per motivi umanitari a chi fugge per questioni ambientali).
Ma oggi, sottolinea Venturi, al di là della prevenzione anche questo tipo di migrazioni forzate impone «una modifica del sistema internazionale dei diritti: il clima e l’ambiente uccidono come le guerre – spesso ne sono la causa – e creano masse di persone forzatamente costrette a lasciare i loro Paesi, persone che hanno diritti, primo fra tutti quella alla vita».
Per l’autrice di Senza casa e senza tutela è così necessario varare un accordo internazionale legalmente vincolante, magari integrandolo nelle prerogative dell’UNHCR o negli accordi cimatici all’interno dell’UNFCCC (la United Nations Framework Convention on Climate Change). E superando quella concezione “patrimonialistica” che spinge gli abitanti (e i governanti) di uno Stato o di un territorio a concepirlo come loro proprietà esclusiva.
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